Se fate parte di quella porzione ristretta della popolazione italiana alla quale piace leggere e se vi piace farlo ascoltando musica, già saprete che ci sono libri che vi permettono di scegliere da soli, sbizzarrendovi in abbinamenti a volte arditi, ma funzionali (che so, Italo Calvino e la serie “ambient” di Brian Eno, Georges Simenon e Nick Drake); altri invece, portano con sé, quasi ineluttabilmente, il genere o addirittura i titoli da suonare durante la lettura (per Jean Claude Izzo come fare a meno di “Sketches of Spain” di Miles Davis, per Jonathan Coe un qualunque live dei Clash, per Nick Hornby non è il caso nemmeno di parlarne). Altri ancora, richiedono invece il silenzio e se proprio volete far girare qualcosa sul vostro lettore cd, potete sempre ricorrere ad un loop dei 4 minuti e trentatrè di “Silence” di John Cage, magari insieme ai diciotto secondi di “18 Sekúndur Fyrir Solaruppras” dei Sigur Ros, altrettanto silenti. Proprio partendo da quest’ultimo brano, al quale ruba il titolo, si snoda “Diciotto secondi all’alba” di Giorgio Scianna (Einaudi), la storia di un giovane avvocato, Edoardo Gregotti, con un avvenire segnato, ma apparentemente invidiabile: lo studio associato di papà, una bella fidanzata, amici che tutti vorrebbero avere. Con questo libro ci troviamo a metà strada: in parte la playlist è segnata dalle preferenze del protagonista, Sigur Ros ovviamente e Coldplay; poi dopo l’incontro con una violoncellista russa che vive a Milano e si guadagna da vivere suonando qualunque cosa, per Edoardo non resterà che riempirsi la vita con la colonna sonora del suo iPod - “quattro, cinque ore al giorno, sempre la sera, dalla cena a quando spegnevo la luce” - di cui proviamo a immaginare i titoli: forse gli Who di “Who’s next”, forse i Black Mountain dei primi due album o gli XX. Ma scorrendo le pagine di un romanzo che sceglie di raccontare, magistralmente, la nostra incapacità di vivere, è il silenzio a prendere il sopravvento. Almeno fino ai titoli di coda, quando si chiude il libro e se ne ripercorrono le vicende, immaginando cosa avremmo fatto o detto noi in quella situazione: in questo caso ci sentiamo di consigliare il piano solo di “Metarphosis one” di Philiph Glass. Buona lettura e buon ascolto.
lunedì 25 ottobre 2010
Music book
lunedì 11 ottobre 2010
Un buon ufficio stampa
“Niente sarà più come prima”.
Certo, in questa settimana sono stati assegnati un paio di premi Nobel, Silvio Berlusconi è andato a pesca con Vladimir Putin, la nazionale italiana di calcio ha pareggiato 0 a 0 con l’Irlanda del nord. Ma la frase non si riferisce a nessuno di questi avvenimenti, bensì a una delle confessioni più sconvolgenti degli ultimi anni per l’intero paese: “Il 20 novembre 1995 ho iniziato a scrivere un diario. Ho deciso che lo pubblicherò il 20 ottobre 2010." Con una sobria intervista a “Repubblica” e un servizio di copertina a “Vanity fair”, Tiziano Ferro ha finalmente ammesso, non sappiamo se anche a stesso, di essere omosessuale. Mara Maionchi, prima scopritrice del talento di Ferro, ha dichiarato di non essere stata al corrente dei gusti sessuali del suo protegé, ma soprattutto di essere certa che il gesto aiuterà tanti ragazzi. Dello stesso parere Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay, che ha commentato il coming out come “una ventata di novità nell'ipocrisia che porta moltissimi omosessuali a nascondersi e a praticare la doppia vita”. Addirittura, anche Cesare Prandelli nella conferenza stampa alla vigilia del match di cui sopra, ad una domanda sul’argomento ha risposto: “aspettiamo un po', ci saranno delle notizie... qualche calciatore farà outing". Davvero niente sarà più come prima e non possiamo che rendere onore al cantante di Latina: certo, ci sarebbe piaciuto che il palesamento non fosse proprio concomitante alla pubblicazione del libro autobiografico dall’appassionante titolo “Trent’anni e una chiacchierata con papà”; e che dire dell’imminente uscita in edicola di una raccolta dei 4 cd in studio del cantante realizzati tra il 2001 e il 2008, con l'aggiunta del DVD “Alla mia età - Live in Rome”, corredati da un volume e da un cofanetto? Niente sarà più come prima ma in fondo, in fondo, sembra essere sempre la solita storia.
domenica 3 ottobre 2010
Rapper's delight
Il nuovo disco di Fabri Fibra, “Controcultura” è al quinto posto degli album più scaricati da iTunes, giusto una posizione dietro l’ennesima raccolta rimasterizzata di vecchie canzoni di Guccini. Un bizzarro passaggio di consegne tra il repertorio impegnato dei ‘cantautori’ - così si identificava negli anni ’70 la musica di De André, Dalla, Venditti (anche lui, che ci crediate o no) e De Gregori - e la musica ‘ribelle’ di oggi. Nel momento in cui la canzone italiana ha deciso di limitarsi a parlare di amore (materno, paterno, filiale, etero ed omo), abdicando ad una parte di realtà sempre più complessa e sfuggente, la protesta in musica è diventata appannaggio del rap e dal reggae. Ci ha scritto un bell’articolo Carlo Moretti su “Repubblica” la settimana scorsa, citando, oltre a Fabrizio Tarducci da Senigallia, anche i nomi di Skardy, già voce dei Pitura Freska, degli ‘anziani’ Sud Sound System, di Mama Marjas. Certo è che la musica non ha più - almeno in questo momento storico - la forza dirompente che ebbe negli anni ’60, quando Crosby, Stills, Nash & Young cantavano “We can change the world”; e nemmeno è più possibile credere alla “musica ribelle che ti vibra nelle ossa, che ti entra nella pelle”. Però fa bene Fabri Fibra a provarci, anche rinnegando i padri ("Io coi vostri testi ortodossi, mi ci pulisco il culo come Bossi, ma quale cantautore? Vaffanculo al rallentatore"), anche se forse prendersi un po’ meno sul serio (“io col Rap faccio il Popper”; immagino Karl, che nel caso si sta rivoltando nella tomba) gli farebbe certamente bene. Di sicuro, nella prossima tournée, non correrà il rischio che nel 1977 spinse De Gregori a ritirarsi dalle scene per un lungo periodo, dopo essere stato duramente contestato al Palalido di Milano da un gruppo extraparlamentare della sinistra, con l’accusa di di servirsi delle sue canzoni di temi politici per arricchirsi. Altri tempi. Oggi il rap lo usa addirittura Famiglia Cristiana che, per lanciare l'edizione tascabile del Libro dei Libri al prezzo di 7,90, euro, propone nelle radio e via internet “Paroladidio”, un rap composto ed eseguito da anonimi professionisti in ossequio agli altrettanto anonimi autori delle Sacre Scritture. L’incipit è dal Libro dell'Esodo "Io sono colui che sono, questo è il mio nome per sempre, e questo è il mio ricordo". Anche qui ci si prende molto sul serio, ma meglio non rimproverarglielo…
Un Amore Supremo
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Non sono un critico letterario. Non so nemmeno cosa sono a dire il vero, ma fondamentalmente mi sento un commesso di dischi, il mestier...
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