lunedì 19 dicembre 2011
Racconto di Natale numero 2
Il giorno è un sabato che si avvicina al Natale, freddo come dev'essere un pomeriggio in cui si cammina controvoglia alla ricerca di regali che si trasformeranno in pacchi da scartocciare mostrando sorpresa, gioia autentica o contraffatta. Il luogo è un negozio di dischi, come non ce ne sono più: piccolo, stipato fino all'inverosimile di musica blues, rock, country, folk, jazz, metal, progressive (quello degli anni '70, non quel sottogenere dance contemporaneo che chissà perché ha lo stesso nome). Inutile cercare la Pausini o l'ultima compilation, il proprietario, sempre lo stesso da tempo immemorabile, si potrebbe irritare. Come mosse da fili invisibili, decine di persone cominciano a confluire verso il luogo in questione, mentre il sole decide di scomparire definitivamente, almeno per quel giorno. Davanti al negozio una ragazza comincia a cantare, si fa accompagnare dalla sua chitarra, da un tastierista barbuto e simpatico e da un violoncellista, schivo come si confà allo strumento. Si sta un po' fuori ad ascoltare, si saluta qualcuno, poi si entra dentro per riscaldarsi. Ci si incontra, favoloso verbo fatto di tre preposizioni, semplici.
Ritrovo il direttore del personale di una grande azienda con il quale condivo un paio di passioni musicali e di amici; il medico, che ogni mattina dopo aver fatto il giro dei prelievi per l'ASL, viene a discutere di calcio e musica; il bancario amante del jazz al quale rubo un cd di Sidney Bechet che cercava da tempo; la coppia appena tornata da un flash-mob in mountain bike; Francesca, che non vedevo da quindici anni e adesso ne ha diciotto, oltre a un fidanzato che sembra più giovane di lei e un papà complicato che mi passa al telefono per parlarmi di Pat Metheny. Adesso sta suonando un'altra ragazza, ancora più giovane, infine arriva il momento del blues, chitarra e fisarmonica; nel frattempo qualcuno si è rifugiato al bar di fianco, ma poi torna fuori, nel vapore dei respiri infreddoliti, restando avvinghiato alle ultime note. Quando anche l'ultima sarà svanita nel ruomore quotidiano, bisognerà tornare ai regali, ai parenti, alle cene coi colleghi, ai pranzi in famiglia, al Natale di cui non frega più niente a nessuno. Ma qui sembra tutto vero, ancora ci si incontra, meraviglioso verbo fatto di tre preposizioni, semplici.
Colonna sonora a cura di Roberta Barabino (Magot, Egea) e Paolo Bonfanti (Takin' a break, Club de Musique)
lunedì 12 dicembre 2011
Racconto di Natale anticipato
Mi ricordo di aver mangiato in tutta fretta, appena tornato da scuola; di aver aspettato che mia madre mi desse l'anticipo del regalo di natale di quell'anno e di aver aggiunto quei pochi soldi ai miei altrettanto irrisori risparmi per correre al Cinema Teatro Genova, proprio di fianco alle carceri e allo stadio di Marassi e comprare l'agognato biglietto. Il concerto iniziava alle ore 16, non ricordo se andai da solo o con uno dei miei abituali compagni d'avventura, Mino o Alberto; non ricordo nemmeno se Antonello Venditti fosse accompagnato dal gruppo (magari lo stesso con il quale nel settembre dello stesso anno aveva pubblicato "Lilly"; c'era anche il fratello di Little Tony che suonava la dodici corde nel brano omonimo). MI ricordo invece di Saro Liotta, virtuoso chitarrista palermitano che aprì il concerto con un set da solo e di un pianoforte a coda che troneggiava sul palco. Poi le canzoni, "Lilly" certo, ma soprattutto "Penna a sfera", polemicamente dedicata a un giornalista di Ciao 2001, "Compagno di scuola" (uscita in versione censurata: la RCA si rifiutò di pubblicare il disco con il verso "quella ragazza che l'ha data a tutti meno che a te", modificato con "filava tutti meno che te") e la mia preferita, "Lo stambecco ferito". Era il 15 dicembre 1975, quella sera Venditti avrebbe suonato nuovamente alle 21 (per i miei tredici anni il concerto della sera era un sogno impossibile, per anni ho sempre vissuto col dubbio che fossero diversi, quello della sera più entusiasmante e coinvolgente) e sarebbe tornato a Genova in febbraio per altri due date, l'11 al Teatro Ambra di Nervi e l'altro il 12 al Teatro Roma di Sestri Ponente. Mi ricordo di essere tornato a casa e di aver messo il disco sul mio Stereorama 2000 de luxe, me lo aveva regalato mio zio quando aveva cambiato il suo impianto, e di averlo riascoltato per intero. Poi mio padre era tornato dal lavoro, ci eravamo messi a tavola e avevamo cenato in silenzio, come ogni sera.
lunedì 5 dicembre 2011
Bontà loro
Tv Talk è una trasmissione di critica e analisi televisiva che va in onda su RAI 3 il sabato pomeriggio. La scorsa settimana in scaletta è prevista la partecipazione di Enzo Iachetti per presentare il suo nuovo disco, un cd il cui ricavato sarà interamente devoluto ad AMREF per la costruzione di una diga in Kenya. La registrazione (che si effettua il venerdì) fila liscia, se non fosse che qualcuno si ricorda che ogni 'lancio di beneficenza' deve essere, per ovvi motivi, approvato e concordato con il Segretariato Sociale RAI: per controllare la bontà del progetto e per evitare una sovraesposizione di alcune iniziative a scapito di altre. In mancanza di tale autorizzazione, la produzione – RAI Educational - deve tagliare la parte con Iachetti, che il giorno dopo non perde occasione di gridare alla censura contro di lui. La settimana seguente, approvata regolarmente la partecipazione, Iachetti è in onda a TV Talk. Il presentatore spiega l'accaduto e la telecamera inquadra il conduttore di Striscia la Notizia con il disco in mano che, visibilmente infastidito, ironizza sull'accaduto. Poi attacca i commercianti di dischi che sono gli unici a non rinunciare al guadagno, poiché trattengono la loro percentuale sulle vendite (affermazione tutta da verificare: gli studi di registrazione sono stati ottenuti gratuitamente, la stampa del cd, il packaging, la grafica, la spedizione, nessuno ha chiesto niente?). Al di là del fatto che bisognerebbe spiegare al signor Iachetti che la beneficenza, per definizione, non può essere obbligatoria, ma deve essere decisa liberamente e volontariamente dal singolo soggetto, resta il fatto che il conduttore di Striscia la Notizia non è un cantante (la precedente incisione dedicata ai vecchi successi di Gaber, se ascoltata con attenzione, conferma questa tesi); cioè non sta facendo beneficenza con il frutto del suo lavoro, ma semplicemente con i soldi di coloro che decideranno di acquistare il suo disco. Un equivoco questo piuttosto radicato nel mondo dello spettacolo italiano, sempre pronto a lanciarsi in iniziative in cui i protagonisti della beneficenza si limitano a metterci la faccia o tutt'al più a divertirsi giocando a pallone all'Olimpico (dove normalmente non riuscirebbero mai a mettere piede), devolvendo l'incasso, pagato dagli spettatori, a qualche meritevole associazione. Forse, visti i redditi dei protagonisti, per ottenere gli stessi obbiettivi sarebbe sufficiente che la beneficenza decidessero di farla con i loro soldi. Meglio se in silenzio e nell'anonimato totale.
and when I die...
Correva l'anno 1988 quando Clint Eastwood diresse la biografia di Charlie Parker, "Bird" con Forest Whitaker; l'avventura del compact disc era appena iniziata e la pulizia del suono che il nuovo formato sembrava poter garantire era la parola d'ordine. Così nacque l'idea di incidere la colonna sonora utilizzando gli assoli originali di Parker risalenti agli anni '40 e '50, debitamente restaurati, sostituendo le altri parti con registrazione nuove e tecnicamente impeccabili. Una profanazione che fece gridare allo scandalo i puristi, un espediente che non ebbe seguito e che non giovò particolarmente alle vendite. Chi invece dal punto di vista delle vendite ottenne uno straordinario successo fu Natalie Cole che, utilizzando più o meno lo stesso sistema, nel 1991 incise "Unforgettable" insieme al padre Nat, o meglio insieme alla sua voce visto che il cantante all'epoca da era già morto circa ventisei anni. Da quel giorno periodicamente qualcuno ci riprova (la stessa Natalie, sempre col padre nel 2008) con alterne fortune. Ora è la volta di Fabrizio de Andrè, la cui voce è stata prestata a Geoff Westley e alla London Symphony Orchestra: il risultato sono dieci canzoni (di cui due duetti, con Capossela e Battiato), provenienti dagli album più disparati, da "La Buona Novella" ad "Anime Salve", restituiti in maniera troppo uniforme, piacevole, ma prevedibile. Al di là del giudizio estetico è interessante notare come in queste operazioni, in parte sicuramente commerciali, si riproponga un antico leit-motiv della registrazione e cioè la capacità di dare voci ai (nostri) fantasmi. In effetti quando si parla di musica registrata stiamo sempre parlando di una cosa che nel migliore dei casi non esiste più o che non è mai esistita (furono i Beatles i primi a incidere in studio canzoni che all'epoca non sarebbero stati in grado di riprodurre in concerto; oggi le tecniche di registrazione permettono di incidere la ritmica in un continente, gli assoli di chitarra in un altro e poi rimixare il tutto con una voce che non ha mai visto in faccia gli altri partecipanti). Fantasmi appunto, che si materializzano al momento dell'ascolto e solo in quell'istante, sensazione oggi aggravata dalla scomparsa del supporto con conseguente smaterializzazione della musica. Non restano che i concerti, non a caso la musica 'dal vivo'; sempre ammesso che non siano proprio i morti quelli che vorremmo continuare ad ascoltare...
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