Ho sempre odiato le caramelle Rossana. Ammetto che la
confezione mi attirava, rossa ovviamente, quasi carminio; ma poi quella
consistenza falsa, dura fuori, quasi insapore, e appiccicosa dentro,
inutilmente melliflua e dolciastra, che appena ti accorgevi di averla rotta ti
rendevi conto di aver fatto la sciocchezza più grande della giornata e senza possibilità
di tornare indietro. Le ho sempre odiate anche perché una sera mio padre tornò
da una cena con i colleghi di lavoro, decisamente bevuto. Era tardi, almeno
nella mia percezione di allora, eravamo in cucina, lui seduto, storto, io e mia
mamma in piedi. Mi aveva portato una caramella Rossana e a me già non
piacevano, fatta l’esperienza una volta inutile riprovare; ma lui ci teneva e
insisteva, con quell'ostinazione molesta tipica degli ebbri, a cui i bambini
oppongono una testarda e inconsapevole resistenza. Così mio padre aveva pianto,
perché io non mangiavo quella stramaledetta caramella Rossana. Era la prima
volta (forse l’ultima) che lo vedevo piangere e, come si evince, non l’ho mai
dimenticato.
Ora ho un nuovo motivo per odiarle. Nell’ultimo,
deprecabile, film di Paolo Sorrentino, Youth o Giovinezza, come vi pare,
Michael Caine (che interpreta un direttore d’orchestra in pensione) indugia due
o tre volte con la cartina dell’odiosa caramella, stropicciandola ripetutamente
tra le dita, quasi a creare un ritmo misterioso, profondo, intimo,
probabilmente una nuova “Simple Song” da dedicare al ricordo della moglie. E io
(“che non so un tubo di concerti”) ho cercato di immaginare, di capire, di dare
un significato, manco quella cartina fosse una “Rosebud” (“Rosabella” nella
versione italiana di “Citizen Kane”; vedi, mi dicevo, c’è anche l’assonanza),
uno scrigno di promesse, un whodunit di lubitschiana memoria.
Ma poi ieri, alle 11.44, la rivelazione: un
comunicato mi ricorda che anche in Italia è possibile utilizzare il product
placement e Sorrentino, legittimamente, l’ha fatto: ha impiegato un “brand
italiano in una produzione cinematografica di respiro internazionale, con un
inserimento pacato, ma che, armonizzandosi con gli elementi caratterizzanti del
personaggio, rimane impresso. In una scena, che è anche parte del teaser
internazionale del film, la carta delle note caramelle Rossana, un prodotto
senza tempo, fra i più noti di casa Perugina, apprezzato da intere generazioni,
è accarezzata e ‘suonata’ dalle mani del protagonista, che, sulla soglia degli
ottant’anni, assapora ogni dettaglio del tempo che gli rimane e che ha
vissuto”.
Voilà, impeccabile. E illuminante. Perché proprio
grazie a Rossana, il film di Sorrentino si rivela qual è. Una colossale
e impeccabile costruzione in cui ogni iperestetica
inquadratura ha il solo scopo di ingenerare aspettative clamorosamente deluse un
istante dopo; credi ti stia per spiegare il senso della vita e invece se ne
esce con “le persone o sono belle o sono
brutte, in mezzo ci sono soltanto i carini”.
Grazie Sorrentino, per avermi rievocato uno dei
nemici di tutta la mia vita, la stupida, insulsa, disgustosa caramella Rossana.
E grazie, soprattutto, per avermi ricordato che bisogna sempre odiare con
l’entusiasmo della gioventù; perché non si sbaglia mai.