mercoledì 9 giugno 2010
“Il destino prenderà la forma di una lettera con l’intestazione del Curtis institute, arrivata nella casella postale dei Waymon un mattino del 1950 (…) Non c’era bisogno di chiedere cosa contenesse. Lo capirono quando Eunice cercò i loro sguardi, alzando gli occhi dal pezzo di carta e riportò le braccia lungo i fianchi. Gli occhi persi, mormorò che era impossibile, poi lentamente, porgendo il pezzo di carta a chi la voleva, disse «Mi hanno scartata»”. Eunice ha 17 anni, su di lei erano riposte le speranze della sua famiglia, della comunità di colore del paese dove viveva, della maestra di pianoforte e della donna - bianca - che aveva creato un fondo economico di sostegno per la realizzazione di un sogno: trasformare una ragazzina timida e introversa, ma straordinariamente dotata per la musica, nella prima concertista classica americana di colore. Il fallimento ha un sapore amaro, tanto più quando le aspettative non riguardano solo la tua persona, ma addirittura un popolo e soprattutto se sei così giovane e indifesa. “Lei non conosce la sua bellezza, pensa che la sua pelle scura, non sia degna di gloria. Se avesse potuto danzare nuda, sotto una palma e vedere una sua immagine, riflessa nel fiume, saprebbe che non è così. Ma non ci sono palme per strada, e l’acqua sporca dei piatti da lavare, non riflette immagini”. A volte però i miracoli avvengono: dove finisce la vicenda di Eunice Waymon, inizia la storia di Nina Simone (pseudonimo scelto in onore di Simone Signoret), superbamente raccontata da David Brun-Lambert in un libro - Nina Simone. Una vita - pubblicato nel 2008 da Kowalski e ora riedito da Feltrinelli. Da leggere tutto d’un fiato, con l’inestimabile colonna sonora dei suoi dischi: noi vi consigliamo “Nina Simone and piano”, inciso a New York tra il settembre e l’ottobre 1968, quello per il quale, come dichiarò in un’intervista del 1999, avrebbe voluto essere ricordata.
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