lunedì 31 ottobre 2011
L'orrore, l'orrore
Sono abbonato a una non modica quantità di newsletter teatrali nella speranza, quasi sempre frustrata, che il teatro italiano dia segni di vita. Tra le tante quella dell'Eliseo di Roma, un teatro che riceve dallo stato contributi annuali per 1 milione 386 mila 572 euro, soldi ben spesi e giustamente sottratti ad altre realtà, considerando l'altissimo livello delle produzioni in cartellone. Il 25 ottobre scorso nella casella di posta elettronica ricevo una mail che all'oggetto riporta: "Le gemelle Kessler cantano Amy Winehouse!". Sarebbe sufficiente per farle prendere immediatamente la via del cestino, ma come sapete l'orrore ha un suo fascino e decido di aprirla: in una foto le due settantacinquenni tedesche (ancora ben conservate a dire il vero, ma in questo caso la grafica potrebbe aver fatto miracoli) sorridono dandosi la mano. L'audace copy spara tutte le sue cartucce: "Vi aspettavate di vedere le gemelle Kessler cantare Amy Winehouse e Lou Reed?". Francamente no ci viene da rispondere. Ma il testo continua imperterrito: "Succede in Dr Jekyll e Mr Hyde, il nuovo musical di Giancarlo Sepe! Dall'autore di Napoletango (che purtroppo ci è sfuggito, ndr), un musical coinvolgente con brani di Radiohead, Moby, Gorillaz, James Blake, Howie B e molti altri!" Basta l'orrore è diventato un vero horror (ma in questo caso Robert Louis Stevenson non c'entra, perché, cito sempre testualmente, il musical è ideato e diretto dal Sepe di cui sopra: la SIAE pagherà felice i diritti d'autore). Invece l'anonimo redattore implacabile continua: "Alice ed Ellen Kessler tornano alle scene a distanza di 30 anni e si cimentano con "I Know I'm no good" di Amy Winehouse, "Perfect Day" di Lou Reed, "Silence is sexy" degli Einstürzende Neubauten. Al loro fianco Alessandro Benvenuti, Rosalinda Celentano e 15 giovani appassionati attori." Come avrete notato ce n'è per tutti i gusti, difficile mettere assieme un coacervo così strampalato di generi musicali, gruppi e cantanti. Pur non avendo visto lo spettacolo (facciamo ammenda, ma recupereremo nella tournée mondiale) siamo certi che il debutto del 18 ottobre sia stato un trionfo (anche grazie alle quattro pagine che il settimanale di tendenza Vanity fair non ha mancato di dedicare all'evento). Di una sola cosa ci rallegriamo: è evidente che per il ritorno delle Kessler in Italia Berlusconi deve aver ottenuto in cambio dalla Merkel la salvezza dell'Italia. Almeno di quella che lavora (anche teatralmente parlando). Non resta che sperare che per quella che recita a soggetto il default prima o poi arrivi davvero.
lunedì 24 ottobre 2011
La mummia
Cera una volta. Sì, non avete letto male e non c'è nessun errore di battitura. Così infatti comincia la storia di Stefano D'Orazio "musicista, cantante, scrittore e autore di canzoni e musical". Vai a capire perché nell'invito all'inaugurazione della statua di cera del suddetto D'Orazio, il suo premuroso ufficio stampa (già, non quello del museo, ma quello del musicista, che si è fatto carico di mandare in giro una simile notizia) abbia evitato di nominare i Pooh di cui il nostro è stato per trentotto anni il valido batterista. Certo gli autori di "Pensiero" e "Chi fermerà la musica" non saranno stati i Cream o i Soft Machine e il nostro D'Orazio né Ginger Baker e né John Marshall; però questa omissione sa molto di rimozione, dopo l'abbandono del gruppo per stanchezza nel settembre di due anni fa. Tanto più in un giorno di assoluta consacrazione come mercoledì 19 ottobre quando, presso il Museo delle Cere in piazza SS. Apostoli, 68 a Roma, è stato effettuato "il taglio del nastro" (testuale) con tanto di brindisi con tutti i presenti. Dobbiamo ammettere la nostra ignoranza: nel primo viaggio oltremanica non avevamo rinunciato a una visita al Madame Tussauds (ultime entrate del museo delle cere di Londra: Colin Firth, Rihanna e Kate Winslet); e anche all'ombra della Tour Eiffel avevamo santificato il Grévin (qui sono stati appena incerati Sebastien Loeb, Brad Pitt e Cecilia Bartoli); ma non avevamo mai sentito parlare di quello di Roma, che pure porta nel suo logo l'imperiale scritta "since 1938".
Nostra mancanza; di certo ora ci sarà un motivo in più per recarsi nella caput mundi e anche i black bloc avranno un obiettivo ben più nobile per le loro proteste. Tra l'altro si potranno anche ammirare dal vivo (?) Ligabue, Gigi D'Alessio e Andrea Bocelli. Con l'auspicio che presto la misteriosa frattura si ricomponga e anche i restanti Pooh raggiungano il nostro D'Orazio nel pantheon. C'era una volta e cera per sempre.
lunedì 17 ottobre 2011
Io canto
Sembrava che il punto più basso della musica in televisione fosse stato raggiunto con i vari talent-show; ma lì, in fondo, si trattava solo di aspiranti cantanti gettati nell'arena, nella speranza che tra giudici, vocal coach e concorrenti prima o poi accadesse qualcosa di mediaticamente succulento (della musica ovviamente non fregava niente a nessuno). In questa nuova stagione, al decadimento di questi programmi (X factor su Sky ha perso molto del suo fascino, Star Academy raggiunge percentuali d'ascolto che ad altri programmi sono stati letali dopo una puntata, di Amici di Maria De Filippi preferirei non parlare) si contrappone il felice esperimento a tarda notte su Rai 3 di "Sostiene Bollani", la conferma che la musica in televisione ci può stare eccome; tutto sembrerebbe andare per il meglio quando, un sabato qualunque zappingando qua e là, mi sono imbattuto in un horror di rara potenza. Presentato da Antonella Clerici, infagottata in un roboante vestito-caramella, una specie di Michael Bublé in scala 1:2 distruggeva "Moondance", ovviamente a insaputa di Van Morrison (che da tipetto nervoso qual è, probabilmente ucciderebbe di fronte a un simile scempio). Come tutti i prodotti di serie Z è stato difficile allontanarsi dalla morbosità dell'immagine; quando infine sono riuscito a schiacciare il telecomando, sono rimasto inebetito a lungo prima di riprendermi, ripensando allo Zecchino d'oro e a semplici bambini che cantavano belle e divertenti canzoni per bambini. Passano alcuni giorni e per gli imprescindibili motivi della vita giovedì sera sono di nuovo sul divano che scanalo qua e là. Gasparri su La 7 mi costringe a cambiare, su Canale 5 c'è Gerry Scotti, tanto e troppo come sempre, vicino ad Alessandro Preziosi, un filo di barba, camicia bianca aperta e completo grigio. Ma c'è anche una bambina, nove-dieci anni, alla quale viene chiesto di mostrare la lunga chioma ruotando di fronte alle telecamere; poi il "signor Scotti" si allontana e la regia inquadra la bambina in primo piano, lo sguardo sognante e adorante verso l'attor giovane. Parte l'orchestra e l'impavido inizia a cantare; dopo la prima strofa la parola passa alla bambinetta che, ignara di quello che dice, si impegna nel raccontare la storia di Reginella, signorina che da ragazzina mangiava "pane e cerase" e adesso gira "con la vesta scollata, in mezzo a tre-quattro sciantose". Il tutto di fronte allo sguardo adorante dei genitori, quello compiaciuto dello Scotti Gerry e del Preziosi Alessandro (che non aveva dimenticato di presentare la sua ultima fiction prossimamente in tv), tutti complici nel far cantare a una bambina la storia di una escort, probabilmente minorenne, che "a volte, distrattamente" pensa ancora al suo primo amore. Una trasmissione davvero esemplare di questi orribili tempi.
lunedì 10 ottobre 2011
Un bel tacer
Ci sono musicisti che hanno smesso di suonare dopo un disco, alcuni dopo tre, altri che si ritirano e poi miracolosamente riappaiono, pochi che, fortunatamente, non smettono mai. Ovviamente tutto questo succede all'insaputa del soggetto in questione: per intenderci, Tim Buckley non ha mai saputo di aver inciso l'ultimo album nel 1970 (era "Starsailor") così come Neil Young è all'oscuro di essere stato a riposo tra il 1980 e il 1985; e via così. Ci sono poi i musicisti consapevoli, che coscientemente comunicano il loro ritiro: è capitato a Ivano Fossati (con qualche anno di ritardo a dir la verità, rientrando nel caso di chi aveva già smesso senza rendersene conto), che ha scelto la canonica intervista a "Che tempo che fa" per l'annuncio, giusto in occasione dell'uscita del suo ultimo "Decadancing". Tanto che c'era. nel corso della trasmissione ha presentato anche il libro "Tutto questo futuro", edito da Rizzoli per la modica somma di 40 euro, uscita ampiamente anticipata dal settimanale del Corriere della Sera "Sette" con ampi stralci in anteprima. La notizia del ritiro, che tanto ha scosso l'ineffabile Fazio, è stata poi ampiamente ripresa da tutti i quotidiani italiani, insieme alle date del tour che debutta da Milano il 9 novembre, fino agli inizi di dicembre e poi una seconda parte a gennaio e febbraio 2012. Nel frattempo un po' di presentazioni del libro, tra cui una la settimana scorsa a Roma con Ernesto Assante che, nel suo blog, ha sottolineato il gesto che "in un paese come il nostro, dove nessuno si dimette mai, è comunque ammirevole". Premesso che non abbiamo ascoltato il disco (che, per sicurezza, contiene un brano che si intitola proprio come il libro, "Tutto questo futuro") e detto che siamo certi della sincerità del cantautore genovese (in una conferenza stampa il giorno dopo ha ribadito che "se dovessi scrivere qualche canzone che merita di uscire dal cassetto, magari telefonerò a qualche amico" e "se tra cinque anni un artista mi chiedesse un assolo di chitarra gli direi di si, ma di cantare non se parla"), avremmo preferito che l'annuncio non arrivasse con tutto questo clamore. Ivano avrebbe potuto evitare di dirlo a uno sgomento Fabio, avrebbe potuto evitare di lanciare un disco, un libro e un tour tutto insieme. Lui, forse avrebbe potuto scegliere di dirlo nel bel mezzo di un mese qualunque, senza dover promuovere niente, senza chiasso, così come ci saremmo aspettati da chi, proprio nella seconda canzone dell'ultimo disco, ci ricorda che "Quello che manca al mondo, è un poco di silenzio".
lunedì 3 ottobre 2011
Back to the future
Un po' di anni fa un gruppo americano, i Big Daddy, avevano dato alle stampe un disco in cui nel retro di copertina si raccontava la loro improbabile storia: inviati nel Sud Est asiatico nel 1959 per un tour tra le truppe statunitensi, erano stati catturati dai "Comunisti rivoluzionari" e tenuti prigionieri per 24 anni. Tornati in patria si erano ritrovati con la musica completamente cambiata e per sbarcare il lunario non avevano potuto fare altro che provare a interpretare i successi degli anni '80 nell'unico genere che sapevano suonare, il rock 'n' roll. Così "Billie Jean" di Micheal Jackson suonava come "Be-Bop-a Lula e "Dancing in the dark" di Springsteen come un brano di Pat Boone. Ovviamente la storia era una divertente trovata, ma il disco del 1985 - "Meanwhile...back in the States" - un piccolo gioiellino. Immaginate di riprovare oggi a fare la stessa cosa: un gruppo prigioniero, diciamo in Afghanistan dal 1985, ritorna dopo ventisei anni e cosa ritrova: scomparsi i dischi, le cassette e tra poco anche i cd, la musica si ascolta soprattuto nei telefonini o negli iPod, si compone con l'iPad o con Garage band, magari pubblicandola anche in forma di app per iPhone. Ma il suddetto gruppo, una volta trasformato il proprio repertorio in un maneggevole mp3, non avrebbe alcun problema a inserirsi nello show-business come se niente fosse. Anzi, il 'vintage' che emanerebbe dagli strumenti o dai vestiti, non sarebbe che un ulteriore tocco di classe. La musica invece sarebbe perfettamente attuale, tanto poco è cambiata in questi ultimi venticinque anni, come dimostrato dal fatto che Springsteen è sempre lì, Michael Jackson ci sarebbe ancora se non avesse sbagliato medico e Bob Dylan è più o meno da allora in tour senza dare la sensazione di volersi o potersi fermare. E la musica di oggi? Forse da qualche parte sta suonando, ma chissà se nel fragore assordante della contemporaneità, qualcuno riuscirà ad accorgersene.
(Articolo scritto con il sottofondo del primo album di King's Daughters & Sons, "If Then Not When" e anche dei Big Daddy ovviamente)
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