lunedì 9 aprile 2012

Rain and tears are the same


Verrebbe voglia di parlar di Pier Mosca, cantante varesotto con all'attivo un bel singolo (“Kooly noody”, raffinato gioco di pronuncia), inciso con Enzo Iachetti (ha dichiarato di averlo incontrato nei corridoi della sua casa discografica, il Pier gli avrebbe chiesto di registrare insieme per beneficenza e lui non sa dir di no quando si tratta di cause nobili) e poi un album (“Tra dire e tradire”, dieci tracce tra cui spicca “Elvis”, evidente esempio musicale) prodotto da Immaginazione s.r.l. (toh, proprio l'etichetta di Iachetti). Ma lasciamo che la giustizia faccia il suo corso e ci spieghi davvero se Piero Moscagiuro, poliziotto in aspettativa, finito a lavorare con un contratto alla Vicepresidenza del Senato, abbia davvero ricevuto 130 mila euro da Rosi Mauro, la segretaria del Sindacato Padano di cui il nuovo re del 'rackenroll' sarebbe il compagno, anzi “il gigolò, perché in fondo quello è” come da intercettazione agli atti tra Nadia Dagrada a Francesco Belsito.

Invece parliamo di un film in cui di musica ce n'è davvero poca, tutto avvolto com'è nel silenzio assordante di una verità negata; ovviamente è “Romanzo di una strage”, al centro di roventi polemiche e di un non confortante afflusso di pubblico, quasi a sancire che la separazione tra classe politica e società civile si sia replicata, allontanando definitivamente gli opinion-makers dalla gente qualunque. Secondo quanto scrive Christian Raimo in un articolo sul blog di Minimum Fax (http://www.minimaetmoralia.it/?tag=christian-raimo) la colonna sonora di Franco Piersanti “perennemente angosciante è come se togliesse vita alla rappresentazione dei fatti per fare emergere invece una strana vitalità di inconsci impazziti”. Vero, ma il racconto, volutamente anossico (una scelta estetica e quindi culturale), non è lì per fare chiarezza, per mettere la parola fine a un dramma che dura da più di quarant'anni; semmai per instillare dubbi, provocare il dibattito (operazione parzialmente riuscita). Non un cinema normativo e dogmatico (come quello 'politico' degli anni '70 di Petri e Rosi, in cui la tesi, magari esatta, veniva portata fino in fondo alle sue estreme conseguenze), ma un cinema 'aperto' all'interpretazione. La musica si adegua, sia nella colonna originale che nelle poche canzoni prescelte, una di Patty Pravo, una di Raffaella Carrà; o negli oggetti per ascoltarla, come il radiofonografo Brionvega che fa bella mostra di sé in casa del commissario Calabresi (sopra il quale a un certo punto si intravedono molte copertine di dischi di cui purtroppo non si indovinano i titoli) o la radio che trasmette “Rain and Tears” degli Aphrodite's child (un 45 giri pubblicato nei giorni del Maggio francese che diventò suo malgrado una colonna sonora degli avvenimenti di quei giorni). Su quella pioggia e su quelle lacrime si chiude il film, con il corpo di Calabresi riverso a terra, drammatica testimonianza di un paese incapace di verità (che è sempre sinonimo di democrazia) ormai da troppi anni.

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