lunedì 5 novembre 2012

DISCO MIX 155 - Che musica che fa


A dimostrazione di quanto sia difficile il rapporto tra cultura e denaro in Italia, le classifiche dei dischi e dei libri (a differenza di quelle del cinema dove addirittura si parla di incassi) non riportano mai il numero di copie vendute e tantomeno le cifre. Tutt'al più ci si trincera dietro un dato statistico che attribuisce un valore 100 al primo e un numero in proporzione ai titoli successivi. Per quel che riguarda i dischi negli ultimi tempi può essere intervenuto una sorta di pudore misto a vergogna, considerato il crollo verticale delle vendite: il Disco d'Oro che valeva un tempo un milione di copie (quello di Platino dieci milioni e l'Argento 500.000), oggi in Italia si porta a casa con 35 mila pezzi, download legale compreso. Con numeri così piccoli (e nei primi sei mesi del 2012 i dati hanno continuato a scendere) un passaggio televisivo può essere determinante, tanto da indurre le major a mandare in giro comunicati stampa in cui l'artista è presentato non tanto da un punto di vista musicale o discografico, ma per il fatto che "sarà ospite del programma di Fazio 'Che tempo che fa', oltre che essere supportato da una campagna radiofonica su RadioTre, ma è soprattutto Fazio che fa la differenza". Testuale. Inutile sottolineare che le scelte musicali del programma, cui bisogna però riconoscere il merito di aver portato in un prime-time la musica classica, non si discostano molto da quello che faceva Pippo Baudo ai tempi di Domenica In (di cui Fazio è senza dubbio l'erede in ogni senso). Ma se forse è ingenuo aspettarsi di più di Miguel Bosè, Luca Carboni o Fiorella Mannoia da un programma fondamentalmente d'intrattenimento, resta il panorama vuoto e desolante di tutti gli altri canali. Passi per quelli privati, ma non si capisce l'avvilente ostilità con cui la RAI ignora ogni attività musicale che non appaia nelle derelitte classifiche di vendita o che non faccia correre qualche brivido ai settantenni all'ascolto. E basterebbe davvero poco, considerando che se Rover o Lisa Hunnigan o Saint Vincent transitano da uno studio radiofonico, sarebbe agevole, con la semplicità dei mezzi tecnologici attuali, trasformare il loro passaggio in qualcosa di televisivamente attraente. Ma per farlo si dovrebbe infine svelare che la televisione italiana non è fatta in risposta a quello che gli italiani vogliono vedere, ma è il risultato inevitabile dei gusti culturali di coloro che la fanno.
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