Se,
come afferma Marc Augé, i grandi concerti del rock sono gli ultimi
riti di massa della società contemporanea, non stupisce che se ne
siano infine accorti anche i discografici italiani, in genere non
proprio i più lesti a reagire al futuro che avanza (o al passato che
resiste). Così da qualche tempo è diventato d'uso, in occasione
dell'uscita di dvd e cd dal vivo, organizzare una tantum la
proiezione del medesimo concerto su grande schermo al cinema. Lo
hanno fatto Ligabue, Vasco Rossi e i Litfiba (in quel caso era un
documentario che lanciava nuovo disco e tournée); a ottobre è stata
la volta del leggendario concerto del 2007 dei Led Zeppelin alla 02
Arena di Londra in cui a John Paul Jones, Jimmy Page e Robert Plant
si era unito Jason Bonham, il figlio dello scomparso batterista John
Bonham. Dal cinema alla televisione come si sa il passo è breve e
quel concerto, approda lunedì 10 dicembre alle 23.45 su Italia 1
(non tutto, bisogna pur vendere il dvd). Sabato 15 è invece la volta
dei Rolling Stones (dopo che la scorsa settimana DeeJay TV aveva in
palinsesto il film “Charlie is my darling”, documentario sui
concerti di Dublino del 1965) con Sky che trasmetterà in diretta -
alle 3 di notte – dal Prudential Center di Newark, la seconda delle
due date previste in quella città dalla tournée del cinquantenario.
In questo caso per la visione occorre sborsare 12 euro, nemmeno
troppi se si considera che i prezzi dei biglietti rimasti vanno da
493 a 813 dollari (ma se ci si muoveva per tempo si trovava un'ultima
fila a soli 114,80). I soliti incontentabili obbietteranno che
l'atmosfera del live, l'ebbrezza della partecipazione al rito
collettivo, la speranza di trovare in uno sguardo incrociato per
caso, l'uomo o la donna della vostra vita, non sono replicabili né
sul grande, né sul piccolo schermo. Ma non è questo l'ambito dove
discettare delle differenze tra il sesso, l'erotismo e la
pornografia. E comunque il concerto in tv ha l'enorme vantaggio di
farvi vivere senza conoscere i meandri misteriosi del mondo della
prevendita. La scorsa settimana sono apparsi i tagliandi del prossimo
tour italiano di Bruce Springsteen; i devoti del Boss sanno bene a
quali prove si è costretti per ottenere l'ambito pezzo di carta:
attese snervanti di ore (se non di giorni), appelli e contrappelli
autogestiti per verificare che i partecipanti non abbiano abbandonato
la coda, polemiche con i venditori che, chissà perché, non svelano
il numero dei biglietti a loro disposizione. Il tutto condito da voci
incontrollate che confermano l'esistenza di blocchi di biglietti
all'altra parte della città, nella speranza che qualche ingenuo
abbandoni la posizione. Invece a un certo punto arriva una telefonata
attendibile che ti dice che il megastore di fronte ce l'ha davvero; e
allora si va a dare un'occhiata, tanto il prossimo controllo è tra
un'ora: la coda è snervante anche qui (con l'aggravante che si è
costretti a condividerla con tifosi dell'Inter e mamme che vogliono
portare le figlie a vedere la “Cinderella” di Rossini), talmente
da abbandonarla in tempo per tornare indietro, dove infine è
arrivato il tuo turno, ma proprio quando il botteghino chiude perché
i biglietti son finiti e chi te lo dice ha uno sguardo frettoloso e
sardonico che meriterebbe una reazione di ben altra violenza. Altra
corsa e infine riesci a mettere le mani su due biglietti per il
prato, il primo settore a scomparire (che on line non è nemmeno in
vendita); e sei già felice, anche se un po' invidioso di quei
ventenni che hai conosciuto nella nuova attesa e che hanno i soldi e
il tempo per seguire tutte le tappe del tour (roba che ai nostri
tempi toccava sfondare praticando l'autoriduzione per vederne uno).
Così finalmente hai in mano i due biglietti, del tutto simili a
quelli che il giorno del concerto rivedrai in mano ai bagarini, che
non si riesce proprio a capire come se li sono procurati. Ora non
resta che sederti ad aspettare il 3 giugno (magari dando un'occhiata
distratta agli Stones), ripassando tutti i dischi del Boss in attesa
dell'ennesimo, entusiasmante, orgiastico, rito collettivo. Nella
speranza che la profezia dei Maya sia davvero una cagata pazzesca.
Le
vicende e i fatti narrati in quest'articolo sono rigorosamente
accaduti nella giornata di lunedì 3 dicembre a Milano. Non a me
personalmente, ma all'amico Nicola Malatesta che mi ha comprato il
biglietto, che vedete qui riprodotto; a lui, benché juventino, va la
mia sempiterna riconoscenza e un'immensa gratitudine.
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