mercoledì 6 febbraio 2013

La musica è finita

Un sabato sera d'inizio febbraio. Intorno a un tavolo si ritrovano tre coppie d'amici con figli (tutti a giocare nell'altra stanza): un avvocato, due professori di liceo, un'operatrice sociale con un passato nel turismo, un ufficio stampa teatrale. Si chiacchiera, non ci si vedeva da un po', anni in un caso, bisogna aggiornarci a vicenda. Una radio Saba – un modello a valvole fine anni '50, di quelle che sulle frequenze riportano i nomi di città che ai bei tempi promettevano ascolti esotici - è sintonizzata sul terzo canale RAI, ma nessuno l'ascolta; tra meno di un mese ci sono le elezioni e inevitabilmente il discorso finisce in politica. Siamo tutti omogenei o perlomeno così pensiamo, ma in un attimo emergono le divisioni. Un paio voteranno PD, uno SEL, uno Ingroia o forse Movimento Cinque Stelle, uno Ferrando di qualche residuo Partito Comunista. Ci si accapiglia un po', ma senza troppa convinzione, contro le presunte politiche di destra del partito numericamente più importante; qualcuno fa sfoggio di realpolitik di fronte ai rischi della frammentazione o delle utopie inarrivabili; si discute di No TAV, di armamenti, di finanziamenti alla scuola privata Un'altra butta lì che un'amica comune – qualche anno fa candidata coi comunisti italiani in qualche elezione locale – questa volta voterà Monti. Sgomento e silenzio generale. Il Conte Ory di Rossini tenoreggia tra le sue conquiste, ma nessuno ci bada. Si dibatte ancora, con sempre minor partecipazione e tutti restano sulle loro posizioni: ogni tanto irrompono un paio di bambini, picchiano su una tastiera qualche nota che aumenta la cacofonia generale. Compare una bottiglia di whisky, si passa a parlar di vacanze, di viaggi possibili e di Turchia. Poi l'opera finisce e nel silenzio a qualcuno viene in mente di dire che s'è fatto tardi e bisogna portare i bambini a letto; ci si saluta con affetto, forse più in nome dei vecchi tempi. E poi gli amici se ne vanno.

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