Ai
miei tempi il Festival di Sanremo non si guardava; non era una presa di
posizione, non era un atto politico o rivoluzionario, semplicemente non ci
veniva nemmeno in mente di guardarlo. Avevamo di meglio da fare, alcuni, o non
avevamo nient’altro da fare e allora ci annoiavamo struggendoci d’amore
probabilmente; ma di guardare il Festival nemmeno il pensiero. Nel 1978 per
esempio, l’edizione dei miei sedici anni, a presentarlo c’erano Stefania Casini
con Beppe Grillo (non è un caso di omonimia), in gara c’era Anna Oxa (fu esibita
come una cantante punk, figuriamoci, “Un’emozione da poco” l’ha scritta Ivano
Fossati: non è un caso di omonimia), i Matia Bazar, che vinsero, Rino Gaetano e
Roberto Carrino (chiunque egli sia; e se oggi vedete il suo nome su un furgoncino
di una ditta di pulizie, probabilmente non è un caso di omonimia). Ma noi,
beati, non lo guardavamo: anche perché la RAI, allora ancora cosciente, trasmetteva
le prime due serate alla radio e solo l'ultima in TV. Figuriamoci, il sabato,
stare a casa a vedere Sanremo.
Ai
miei tempi un po’ più avanti, nel 1992, poteva capitare che Alfredo, un amico che
arrotondava l’università lavorando per la Doxa, ti chiedesse se ti andava di
far parte delle giurie popolari sparse nelle sedi regionali RAI; e addirittura
se avevi qualcuno da portare. Così in una dozzina ci siamo ritrovati in corso
Europa, a Genova, in una sala con un mega schermo, tipo una televisione normale
di oggi (e un bel buffet a dire il vero), a ridere di Pippo Baudo e dei vestiti
delle vallette (una adesso fa l’opinionista), a fare battute salaci sui testi delle
canzoni che ascoltavamo increduli, a votare a caso (quell’anno Pupo - lui, ora lavora in un TV albanese -
eliminato dalla finale, denunciò i brogli dichiarando pubblicamente di aver "comprato"
il 4º posto nel 1984). E a sperare che almeno non vincesse Barbarossa con
quell’odiosa canzone in cui portava a ballare la mamma, che noi, i genitori,
non avevamo ancora smesso di ucciderli (e meno male, che chissà dove saremmo
andati a dormire).
Ai
miei tempi, oggi, che sono ancora i miei tempi nonostante tutto, piuttosto che
guardare Sanremo scelgo su un film che ha vinto non so come e perché 5 o 6 premi
Oscar, ambientato in Iraq e in cui ogni dieci quindici minuti c’è da
disinnescare una bomba. Giro sul primo canale una sola volta, giuro, e c’è uno
che parla di cristo e della provvidenza, con dieci figli dieci. Finito il film
vado a letto e mi addormento sereno (più o meno). La mattina dopo, mentre
accompagno Sofia a scuola, incontro la figlia liceale dei miei vicini di casa:
un colpo di genio e le chiedo: “Hai visto Sanremo?” Mi guarda strano; le dico,
il festival, in tv. “Ah”, risponde, “in camera mia non ho la tv, solo il
computer, ieri sera abbiamo guardato You Tube con le amiche, non ho visto
Sanremo. Cos’è?” Mentre torno indietro, apro Facebook e Twitter dove molti miei
amici, veri e di social, invero più giovani, tra i trenta e i quaranta, ridono
di Carlo Conti e dei vestiti delle vallette, fanno battute salaci sui testi
delle canzoni fino a quando non gli hanno bloccato l’account, vai a sapere
perché.
E sperano che almeno non vinca Grignani, che va bene dargli due colpi, ma non si può proprio sentire.
ps. Questo video si riferisce all'edizione del 2000, roba che nemmeno Scorsese o Coppola hanno osato immaginare. Ringrazio chi me lo ha ricordato, lui, giovedì è sul serio a Sanremo.