giovedì 4 novembre 2010

ll primo iPod che ho visto, ce l'aveva Nick Hornby.


Ci trovavamo nella hall di un albergo di Genova, era l'ottobre 2002 e non ricordo se quell'aggeggio fosse di prima (5 gb) o di seconda generazione (10 o 20 gb). L'aveva estratto dalla sua giacca, visibilmente orgoglioso, spiegandomi come funzionava e, soprattutto, facendo scorrere le sue playlist. Centinaia di canzoni dei gruppi più disparati (non ne ricordo uno, non ho scritto nemmeno un appunto, ero troppo agitato). Allora l'oggetto mi sembrò strabiliante (e in un certo senso lo è ancora), ma la cosa che più mi affascinò era l'idea di poter entrare nella vita musicale di una persona, nella sua collezione di dischi, tutta racchiusa in quei pochi centimetri, con un solo gesto. Il vecchio "dimmi cosa ascolti e ti dirò chi sei?", era lì, a disposizione di chiunque avesse voluto applicarsi ad uno studio di fondamentale significato antropologico: scrutare tra la musica racchiusa nei moderni 'musical box' (un po' come guardare dal treno nelle finestre dalle case per immaginare le vite delle persone), e scoprire se le scelte dipendano da sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Ed età ovviamente. Probabilmente avremmo solo conferme a ciò che già sappiamo: le donne ascoltano in maniera meno sistematica e ossessiva degli uomini, i giovanissimi preferiscono i singoli titoli ai cd interi, il jazz lo troveremmo solo oltre una certa età (per pudore non diciamo quale). Ma sicuramente anche qualche sorpresa: quell'adolescente con lo zaino da dodici chili forse sta ascoltando "Blackbird"; e la ragazzina che incrociamo in ascensore, per sentirsi meno a disagio nel suo corpo, lascia scorrere a tutto volume "Stairway to heaven". In realtà i saggi e i libri sull'argomento iPod, da subito, hanno preferito concentrarsi su consigli e suggerimenti per l'uso: pagine e pagine di playlist (le trenta migliori canzoni dei Nirvana, l'elenco dei dieci brani che parlano di Dallas, le venti hit dell'estate del '67) che, chissà poi perché, il lettore dovrebbe replicare pedissequamente nel suo lettore mp3, con il solito presupposto che sia incapace di intendere e di volere da solo. Ulteriore testimonianza di come questi siano tempi di egotismo estremo, in cui nessuno sembra essere interessato alla scoperta o alla conoscenza dell'altro, ma solo alla sterile affermazione pavoneggiata del sé. Se poi la tecnologia e i media contemporanei favoriscano questa tendenza, questo è un altro discorso..

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