Da un paio di settimane su Internet impazzano le discussioni su Lana DelRey (è finta, è rifatta, è figlia di miliardari, è un complottodelle multinazionali, è stonata) e il dibattito sulla legittimità dello scaricamento, alla luce dell'intervento del FBI che ha bloccato Megaupload e i suoi confratelli FileSonic e FileServe (in questo ambito la divisione è netta: chi ha acquistato tonnellate di dischi nella sua vita è favorevole al download come forma di prevenzione e cura; chi li ha sempre ricevuti in omaggio dalle case discografiche è contrario). Tra pochi giorni tutto sarà dimenticato e il web sarà intasato dal Festival di Sanremo, con le più autorevoli firme del giornalismo musicale che discuteranno sui loro blog se la manifestazione ha ancora senso, se sia meglio non parlarne, se bisogna scavare tra le macerie e trovare qualche cantante/musicista ancora in vita. All'orizzonte si profilano le serate organizzate dall'entusiasta di turno che invita, come ogni anno, un manipolo di amici "a vedere Sanremo tutti assieme", ma con la novità di ritrovarsi di fronte ai dinieghi di chi ha deciso che il Festival oramai si guarda commentandolo su Twitter. Insomma, la musica è sempre più prigioniera di una Rete a maglie strette che non lascia passare niente, che non sia postato, taggato o perlomeno condiviso. Se n'è accorto anche Obama che ha rilasciato la sua playlist elettorale in vista delle presidenziali di novembre: ventinove canzoni, di tutto un po', una roba da far morire dall'invidia Weltroni per non averci pensato lui ed essersi sempre limitato ad uno striminzito inno ad ogni cambio di nome di quello che resta di un vecchio partito. A scorrere la playlist si arguisce il tenore della prossima campagna elettorale: il nuovo Springsteen (che tanto ha fatto per lui quattro anni orsono), un po' di buon vecchio soul e rhythm and blues per la borghesia nera di colore più avanti con gli anni (Green Onions di Booker T. & The MG's, Keep On Pushing degli Impressions), un occhio di riguardo per i progressisti di ieri (JamesTaylor) e di oggi (Wilco), i REO Speedwagons perché poi alla fine gli americani son quella roba lì, poco hip-hop per non spaventare la middle-class e un tocco indie perché purtroppo votano anche i giovani di Occupy Wall Street, anche se non si sa che cosa ascoltano (forse ArcadeFire e Florence + The Machine). Niente country e bluegrass, tanto quelli votano comunque a destra. Il tutto ovviamente reso pubblico con un annuncio su Twittere con una sezione ascoltabile su Spotify (che in Italia non funziona), con l'avvertenza che gli esecutori sono stati contattati e hanno dato il loro assenso. Nella speranza che presto i "retweet" e gli "i like" vengano conteggiati insieme ai voti.
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