Giovedì scorso a Milano gli spazi dell’Hangar Bicocca hanno
ospitato un concerto/performance di Alvin Lucier. Ottantatré anni, compositore e musicista sperimentale, è noto ai più per
un’opera del 1969 dal titolo ‘I Am Sitting in a Room’, una
tra le tre in programma insieme a ‘Music for Solo Performer’ e ‘Nothing Is Real’.
In ‘I Am Sitting in a Room’ seduto al centro del palco Lucier legge un testo di
circa cinque righe che viene registrato da alcuni microfoni posizionati per la
sala e quindi ritrasmesso. Con il susseguirsi delle registrazioni le risonanze
della sala diventano sempre più pronunciate, fino a rendere prima
inintelligibile il discorso, poi a trasformarlo in puro rumore. Una performance
davvero affascinante, ricca d’implicazioni meta-musicali, non ultima quella che
stimola la riflessione sul ruolo dell’ambiente nella comunicazione. Tornato a
casa. ho aperto Twitter e ho scoperto quello che stava accadendo nella mia
città, Genova, in particolare nel mio quartiere, Marassi. Sul web, sui social,
in tv (parlo di Primocanale, che con Nur
El Gahwoary, Francesca Baraghini e Dario Vassallo ha fatto il vero
servizio pubblico) si susseguivano le notizie. Ma dal giorno dopo sono iniziati
i commenti (incazzati, rabbiosi, amareggiati, polemici, tristi) e poi le
dichiarazioni ufficiali, le conferenze stampa delle autorità, le interviste, un
balletto di affermazioni in cui ognuno comunicava la sua parte di verità (o di
falsità). L’effetto è stato non di individuare responsabilità (molte) ed errori
(moltissimi), ma di creare un rumore di fondo sempre più crescente in cui tutto
diventava indistinguibile, proprio come nell’opera di Lucier. L’apoteosi (per
ora) è stata raggiunta nella trasmissione di RAI1 l’Arena domenica pomeriggio, quando
la Santanché straparlava spostando la questione su un piano puramente politico
di fronte alle parole del giornalista Ferruccio Sansa, ragionevoli e
condivisibili, le stesse che molti ripetono da tempo e che nessuno ascolta.
Forse perché coperti da un rumore di fondo, sempre più fragoroso, assordante e
inutile.
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