Lunedì mi sono svegliato e poco dopo Francesca ha
scritto su Whatsapp: “Merda, ma è morto David Bowie”. (Per correttezza dico che
non ho mai comprato un suo disco fino a due anni fa quando sono rimasto
folgorato da The Next Day). Tutti
scrivevano sui social dell’alieno che tornava al suo pianeta, della stella che
brillava lassù e altre cose del genere, e molti dei miei amici postavano video,
foto, immagini, raccontando pezzi della loro vita in cui si erano accompagnati
a David. Lentamente la marea cresceva coinvolgendo tutti i media e innescando
l’inevitabile risacca di quelli rispondevano dicendo che a loro di Bowie non
glien’era mai fregato niente e che musicalmente non era stato in alcun modo
importante o influente.
Ho messo Blackstar nel
telefonino (che avevo già deciso di comprare, sarebbe stato il mio secondo
disco, anche colpito favorevolmente dal fatto che ci fosse il sassofonista
Donny McCaslin) e sono andato al cinema a vedere l’anteprima nuovo film di
Tornatore, “La Corrispondenza”. Il protagonista è Jeremy Irons nei panni di un
luminare dell’astrofisica che ha una relazione con Olga Kurylenko, studentessa nella
stessa materia che per guadagnarsi da vivere fa la stuntman (è normale no?). I
due sono amanti e si vedono molto poco, ma si scrivono tantissimo: mail, skype,
chat, biglietti e lettere, una ‘corrispondenza di amorosi sensi’ quasi
esasperata, nemmeno interrotta dal fatto che dopo pochi minuti di film Irons
muore.
A colpi improvvisati la storia va avanti (a un certo
punto uno della DHL vede Amy-Olga per strada e le dice: scusi signorina, ho un
pacco per lei!); e non si può far a meno di ridere quando sempre lei porta ad
un amico smanettone una telecamera per recuperare dei video e lui le dice:
“Devo farla vedere a qualcun altro, posso?”; lei domanda a chi e lui
imperturbabile risponde “Servizi segreti”.
Insomma il solito Tornatore, anche bravo a girare per
carità, ma poi disastroso a sviluppare la sceneggiatura, tanto più con dialoghi e frasi - di cui la locandina ci fornisce un fulgido esempio - che sembrano usciti da Un Posto al Sole (sembra un complimento, ma qui stiamo
parlando di cinema). Soprattutto asfissiante nel sottolineare e ribadire il significato di ogni scena, anche il più esplicito, come se il suo pubblico fosse incapace di intendere. Così se il
professore ultimamente andava all’osservatorio a guardare la nebulosa del
granchio (‘cancer in latino), qualche scena dopo il premuroso Giuseppe fa
depositare un granchio in mano alla ragazza sempre più disperata. La nebulosa in
realtà – dice Wikipedia - è un resto di supernova che si trova a
6500 anni luce dal sistema solare così che quello che si osserva è già scomparso
da secoli; insomma la stella è morta e la luce che vediamo noi non esiste più. Avete
capito? Anche lui è morto e continua a mandare messaggi, è chiara la metafora?
Affogato in tutta questa retorica tautologica il film naufraga dolcemente con
il vantaggio, per la mente, di potersi occupare d’altro. Il pensiero così è tornato a Bowie, a Blackstar e a tutta la
sua musica, un nugolo infinito che ognuno può ascoltare quando meglio gli pare.
Bizzarra e fascinosa corrispondenza: devo mettermi a sentire Bowie, e sono un uomo fortunato, posso
comprarlo e ascoltarlo per la prima volta.
E lo siete anche voi, perché grazie a me vi potete evitare il film di Tornatore.
E lo siete anche voi, perché grazie a me vi potete evitare il film di Tornatore.
Di musica e di cinema ne hai sempre capito poco, quindi non ci meravigliamo.......
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