lunedì 6 giugno 2011
What’s going on
Forse qualcuno dovrebbe dirlo a D’Alema e Veltroni, ma durante la festa spontanea, lunedì sera in piazza Duomo, che ha celebrato la vittoria di Pisapia a Milano, il trionfo di De Magistris a Napoli, la sconfitta della destra un po’ ovunque, da Cagliari a Trieste, da Novara a Casoria tutti hanno compreso che qualcosa è definitivamente cambiato: per la prima volta dalle elezioni politiche del 1948, a dirigere la musica dal palco non c’era la nomenklatura del PD. Di conseguenza niente Jovanotti (“Mi fido di te” utilizzata nel 2007 per invitare a salire sul palco il neo-segretario Walter Veltroni da parte di Romano Prodi), niente Francesco De Gregori (“La Storia siamo noi”, proposta dallo staff di VeltroniPresidente quale inno del nuovo partito prima della solenne batosta che lo condusse alle dimissioni), niente Fossati con la “Canzone popolare”. E anche se a un tratto sembrava di essere tornati indietro di trent’anni - sul palco, in carne e ossa, Ricky Gianco e addirittura gli Stormy Six con “Stalingrado” - era come guardare un album di famiglia, con un pizzico di nostalgia, che non riusciva a indebolire, negli sguardi degli incontri, l’euforia contagiosa di una speranza finalmente plausibile. Tanto che Nichi Vendola a un certo punto mollava anche un’intervista in diretta per fermarsi a intonare in coro e a squarciagola “What's up (What's Going On)” dei Four Non Blondes. Certo, dagli altoparlanti arrivavano anche le note di “Bella ciao” nella deprecabile versione dei Modena City Ramblers, ma nemmeno questo riusciva a rovinare la festa. Più di ogni altra canzone era “Tutta mia la città”, versione di Giuliano Palma and the Bluebeaters (di cui si sentiva anche “Wonderful life”, la cover del brano di Black del 1985) a rappresentare al meglio lo spirito del momento. Il brano, originariamente una sorta di addio al passato inciso nel 1968 dai Move di Roy Wood (la futura Electric Light Orchestra), ripreso dall’Equipe 84 per il Cantagiro del 1969, è una bellissima canzone sulla fine di un amore. Ma quella sera è stata trasformata in un Inno alla Gioia (che Ludwig Van ci perdoni), in cui di tutte le parole contava solo il ritornello: la folla aveva operato una specie di sampler collettivo e spontaneo che ne aveva - forse con scorno di Mogol, paroliere italiano, non esattamente un simpatizzante della sinistra extra-parlamentare - riconfigurato il significato: “Tutta mia la città / questa notte un uomo piangerà”, in cui peraltro il termine uomo si può cambiare a piacimento con Nano o Silvio mantenendo salva la metrica. E allora chiediamo ufficialmente al PD di fare un passo indietro e abbandonare definitivamente le mire egemoniche sulle opzioni musicali della sinistra tutta. Lasciamo all’infinita varietà del caso e delle proposte che arrivano dal basso, il compito di accompagnarci nei prossimi possibili successi. Se poi questa vi sembra anche un’opzione politica, decidetelo voi!
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