Un articolo su “Repubblica del 23 giugno fa il punto sulla crisi della discografia: “Diminuisce in tutto il mondo la vendita dei dischi...scompaiono i negozi specializzati, l'industria chiude gli uffici nelle maggiori città e contemporaneamente si riconverte mettendo lo zampino nella musica dal vivo, stringendo accordi con le maggiori agenzie organizzatrici di concerti... il tour diventa una tappa obbligata e...necessariamente s' allunga”. In realtà niente di nuovo, poiché a ogni rivoluzione tecnica in campo musicale è sempre seguita una profonda riconfigurazione dell'industria che ne sottende l'attività, della fruizione, addirittura dei contenuti della musica stessa. Si pensi alla riproducibilità, dapprima ottenuta forando rulli di carta, poi con i dischi a 78 giri, a 33 (e conseguente aumento della durata), al nastri in tutte le sue molteplici sembianze (bobine, stereo 8, cassette, el-caset), infine all'avvento del digitale. È ad ogni 'rivoluzione' qualcuno si è schiarito la voce e con fare saccente ha annunciato la fine della musica. Ovviamente tutto falso: la musica, come l'araba fenice se ne infischia e rinasce dalle proprie ceneri; in questo momento si accontenta di farsi ascoltare da molte più persone, ma in bassa qualità, negli auricolari dell'iPod, dal vivo nei locali o nei monumentali show che girano per gli stadi e nelle sale da concerto (per le nazioni fortunate che le possiedono) e i palazzetti (in Italia). E se Chris Martin dei Coldplay ha recentemente dichiarato che “i braccialetti che si illuminano a tempo, distribuiti gratuitamente al pubblico all'ingresso dei concerti del tour in corso, costano in media 640 mila dollari per sera” (sì avete letto bene), stupendosi anche che “nessuno risponde all'invito di restituirli all'uscita”, forse possiamo essergli d'aiuto, visto che si sta “chiedendo come fare per continuare ad utilizzarli senza fare bancarotta, anche perché rappresentano una parte cruciale del nostro show”. Caro Chris, prova a pensare uno spettacolo in cui una chitarra, un basso e una batteria e un po' di creatività, sia tutto quello che ti serve; i braccialetti (certo non raffinati come i tuoi Xylobands, con luci colorate intermittenti a tempo di musica durante brani come “Charlie Brown” o “Paradise”) se li porterà il pubblico, se avrà voglia di comprarli da quegli ambulanti che stazionano intorno ai concerti; altrimenti si limiterà a cantare in coro il ritornello di una hit che se ci sarà riuscirà ancora ad emozionarli. Che in fondo è quello che si chiede alla musica.
domenica 24 giugno 2012
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