lunedì 8 dicembre 2014

Il fondamentalista critico e Michel Petrucciani

Si scrive di musica sostanzialmente per tre motivi: per guadagnarsi da vivere (bravi quelli che ci riescono, disprezzati e diffamati dalle due restanti categorie); per passare il tempo (trattasi di situazione transitoria verso una delle altre due, perché dopo un po’ o si guadagna o si scopre che c’è di meglio da fare); e infine perché si è fondamentalmente convinti (l’avverbio non è scelto a caso, abbiamo a che fare in questo caso con fondamentalisti integralisti, anche se non islamici, almeno nel mondo occidentale) di essere gli unici a capirci qualcosa.
Quest’ultima categoria è la più interessante dal punto di vista antropologico in virtù del fatto che, come detto, la seconda si dissolve nelle restanti e la prima è solo una variazione di qualunque altro mestiere in cui il salario non coincide con il lavoro svolto (ad esempio i parrucchieri per signora, i custodi dei musei pubblici, i coristi dei teatri lirici). L’attività del critico fondamentalista si manifesta nei confronti del prodotto musicale (da qui in avanti ‘disco’) prevalentemente in due direzioni: stroncare senza pietà il disco, meglio se di successo o se autorevolmente recensito da un critico salariato; esaltare iperbolicamente il disco, meglio se sconosciuto ai più, critici salariati compresi. Studieremo più a fondo prossimamente quali pericolosi intrecci possano realizzarsi dall’intersezione di queste due sole linee direttrici; per adesso limitiamoci a considerare il caso in cui al critico fondamentalista venga recapitato da un amico (amico non per frequentazione musicale, perché il fondamentalista rifugge ogni contatto con i soggetti dei suoi studi) un disco, ad esempio di un quartetto jazz. Che te ne pare gli chiede il simpatico drummer? Il disco è dedicato a un noto musicista francese, scomparso da qualche anno, un pianista che ovviamente il nostro ben conosce. Dopo un paio di ascolti coscienziosi il verdetto è lapidario, benché ammantato di diplomazia: siete tutti e quattro bravissimi, ma sai, io non sono un fan del trombettitsta (il più conosciuto del gruppo, niente di che, ma tanto basta a renderlo nocivo) e mi sembra un disco così leggero… L’amico sinceramente ringrazia, salvo rifarsi vivo qualche settimana dopo, felice, per la notizia che il disco è entrato nella Top jazz dei più venduti. Negli Stati Uniti. Poi una mattina una mail dalla casa distributrice segnala l’ingresso nella Top 30 vicino a Chick Corea e Wayne Shorter. Il critico è combattuto: cambiare immediatamente opinione, in tutta fretta scrivere una recensione per il sito (da dove lancia strali indisturbato), inneggiando al prodotto italiano e ribadendo la sua antica amicizia con i protagonisti o arroccarsi sulla sua posizione segnalando l’inevitabile ascesa in classifica di un prodotto commerciale e quindi ripugnante?

Nel dubbio segnalo il disco “Michel On Air - omaggio a Michel Petrucciani” di Fabrizio Bosso, Alessandro Collina, Marc Peillon e Rodolfo Cervetto. Per Natale un’ottima idea regalo, ma non ditelo a mio cugino.

Un Amore Supremo

In occasione dell'uscita in edicola di A Love Supreme, primo titolo della collezione I Capolavori del Jazz in Vinile, sono andato a ria...