lunedì 31 dicembre 2012

Best (Wishes)



Come ogni fino anno, in maniera esponenziale con l'onnipresenza della rete e dei social network, impazzano le classifiche, in particolare quelle musicali. I migliori dieci, quaranta, cinquanta, cento, in ogni ordine possibile, divise per genere, ogni genere immaginabile e anche alcuni che non avreste mai nemmeno osato immaginare. E anche, sempre rimanendo nell'ambito delle sette note, anche la lista di quelli che se ne sono andati riscuote un certo successo; il 2012, in ossequio al detto “anno bisesto, anno funesto”, non ha risparmiato i suoi colpi di falce: uno degli elenchi più completi è quello della National Public Radio americana (che al suo sito propone molte altre classifiche http://www.npr.org/series/164633934/holidays-2012), che si dimentica solo di Lucio Dalla e meno comprensibilmente di Jimmy Ellis, il cantante dei Trammps, e del cantautore Terry Callier, di cui invece meritoriamente si ricorda il Post (http://www.ilpost.it/2012/12/27/morti-2012/), a cui però sfugge la dipartita di Nanni Ricordi, probabilmente il produttore italiano più importante del Novecento. Sic transit. Le liste sono lì e ognuno potrà ricordare chi preferisce e chi merita (secondo lui); a scorrerle si scopre che di molti di loro ci eravamo nel frattempo dimenticati (a conferma di un altro adagio popolare: “chi muore giace e chi vive si dà pace”); e di altri, pur in epoca di ossessiva comunicazione globale, di cui era addirittura sfuggita la mesta notizia. Tra questi – per fare mea culpa – vorrei ricordare non un musicista in senso stretto, per non fare torto a nessuno: sto parlando di Don Cornelius, apparentemente suicidatosi nelle prime ore del 1 febbraio scorso all'età di 75 anni. E chi era direte voi? Il New York Times lo ha ricordato come colui che “portò la cultura e la musica black nei salotti americani quando creò 'Soul Train', il suo show televisivo”: era il 1971 – solo tre anni dopo che tutte le forme di segregazione erano state dichiarate incostituzionali dalla Corte Suprema degli Stati Uniti – e fino al 1993 dai suoi microfoni passarono tutti, ma proprio tutti, i protagonisti della scena black, da James Brown a Michael Jackson, da Aretha Franklin a Whitney Houston. Per lui Gamble & Huff scrissero la sigla, “TSOP-The Sound Of Philadelphia” e da quel programma presero il titolo centinaia di trasmissioni radiofoniche in tutto il mondo, che contribuirono a diffondere il verbo della soul music; una anche a Genova, dai microfoni dell'allora neonata Radio Babboleo, condotta da Rino Deodato. Ci piace ricordarlo, concludendo questo 2012, con lo stesso augurio con cui lui concludeva ogni puntata di “Soul Train”: “we wish you love, peace and soul!" 


lunedì 24 dicembre 2012

Zappa for Christmas



Il 21 dicembre 1940 a Baltimora, da Francesco, un perito industriale originario di Partinico in provincia di Palermo e da Rose Marie, nasceva Frank Vincent Zappa, uno dei massimi geni musicali del XX secolo. Uno che per i suoi quattordici anni pensa bene di chiedere in regalo una telefonata; regalo accordato e quando compone il numero che ha trovato sull’elenco, a casa di Edgar Varèse risponde la moglie Louise; lui è a Bruxelles che scrive “Poème electronique”. Ma oramai il contatto c’è stato e il compositore francese rimarrà uno dei suoi maggiori riferimenti musicali; non l’unico, perché nella sua idea di musica “Absolutely free”, convivono musica colta e rhythm and blues, doo wop e jazz, rock’n’roll e cabaret. Un’altra cosa che non abbandonerà mai è il gusto per lo sberleffo: nel 1967 pubblica “We're Only In It For The Money”, ci siamo tutti dentro per soldi, risposta al Sgt Pepper dei Beatles e a tutti i luoghi comuni della cultura hippy e rock. Qualche anno dopo scrive “Tengo 'na minchia tanta“, brano che non lascia adito a dubbi e non solo sulle sue origini. Ma nella storia del rock ci entra anche per vie traverse: succede il 4 dicembre 1971 a Montreux quando verso la fine di un suo concerto uno spettatore spara un razzo segnaletico che dà alle fiamme il locale Casinò. I Deep Purple sono in un hotel sul lago e guardando l’incendio prendono ispirazione per scrivere Smoke on the Water, citandolo esplicitamente nel testo del brano. Io lo incontro da vicino il nove giugno 1988, al Palasport di Genova: avevamo appena finito di scaricare le casse dei suoi Tir e ciondolavamo nei dintorni del camerino quando me lo vedo passare davanti, ma non trovo il coraggio di dirgli nemmeno ciao. Poi arriva Fabio Treves, il musicista milanese che avrebbe suonato nell’intervallo del concerto e almeno con lui trovo la forza di scambiare due parole. Di quel concerto esiste un bootleg in cd con un'orrenda copertina, ma non l'ho mai sentito e non ne conosco la qualità di registrazione. Per questo imminente Natale mi piace ricordare una delle sue frasi fulminanti: “c’è più stupidità nel mondo che idrogeno nell’universo”. Grazie Frank, buon Natale ovunque tu sia.

martedì 11 dicembre 2012

Live is better


Se, come afferma Marc Augé, i grandi concerti del rock sono gli ultimi riti di massa della società contemporanea, non stupisce che se ne siano infine accorti anche i discografici italiani, in genere non proprio i più lesti a reagire al futuro che avanza (o al passato che resiste). Così da qualche tempo è diventato d'uso, in occasione dell'uscita di dvd e cd dal vivo, organizzare una tantum la proiezione del medesimo concerto su grande schermo al cinema. Lo hanno fatto Ligabue, Vasco Rossi e i Litfiba (in quel caso era un documentario che lanciava nuovo disco e tournée); a ottobre è stata la volta del leggendario concerto del 2007 dei Led Zeppelin alla 02 Arena di Londra in cui a John Paul Jones, Jimmy Page e Robert Plant si era unito Jason Bonham, il figlio dello scomparso batterista John Bonham. Dal cinema alla televisione come si sa il passo è breve e quel concerto, approda lunedì 10 dicembre alle 23.45 su Italia 1 (non tutto, bisogna pur vendere il dvd). Sabato 15 è invece la volta dei Rolling Stones (dopo che la scorsa settimana DeeJay TV aveva in palinsesto il film “Charlie is my darling”, documentario sui concerti di Dublino del 1965) con Sky che trasmetterà in diretta - alle 3 di notte – dal Prudential Center di Newark, la seconda delle due date previste in quella città dalla tournée del cinquantenario. In questo caso per la visione occorre sborsare 12 euro, nemmeno troppi se si considera che i prezzi dei biglietti rimasti vanno da 493 a 813 dollari (ma se ci si muoveva per tempo si trovava un'ultima fila a soli 114,80). I soliti incontentabili obbietteranno che l'atmosfera del live, l'ebbrezza della partecipazione al rito collettivo, la speranza di trovare in uno sguardo incrociato per caso, l'uomo o la donna della vostra vita, non sono replicabili né sul grande, né sul piccolo schermo. Ma non è questo l'ambito dove discettare delle differenze tra il sesso, l'erotismo e la pornografia. E comunque il concerto in tv ha l'enorme vantaggio di farvi vivere senza conoscere i meandri misteriosi del mondo della prevendita. La scorsa settimana sono apparsi i tagliandi del prossimo tour italiano di Bruce Springsteen; i devoti del Boss sanno bene a quali prove si è costretti per ottenere l'ambito pezzo di carta: attese snervanti di ore (se non di giorni), appelli e contrappelli autogestiti per verificare che i partecipanti non abbiano abbandonato la coda, polemiche con i venditori che, chissà perché, non svelano il numero dei biglietti a loro disposizione. Il tutto condito da voci incontrollate che confermano l'esistenza di blocchi di biglietti all'altra parte della città, nella speranza che qualche ingenuo abbandoni la posizione. Invece a un certo punto arriva una telefonata attendibile che ti dice che il megastore di fronte ce l'ha davvero; e allora si va a dare un'occhiata, tanto il prossimo controllo è tra un'ora: la coda è snervante anche qui (con l'aggravante che si è costretti a condividerla con tifosi dell'Inter e mamme che vogliono portare le figlie a vedere la “Cinderella” di Rossini), talmente da abbandonarla in tempo per tornare indietro, dove infine è arrivato il tuo turno, ma proprio quando il botteghino chiude perché i biglietti son finiti e chi te lo dice ha uno sguardo frettoloso e sardonico che meriterebbe una reazione di ben altra violenza. Altra corsa e infine riesci a mettere le mani su due biglietti per il prato, il primo settore a scomparire (che on line non è nemmeno in vendita); e sei già felice, anche se un po' invidioso di quei ventenni che hai conosciuto nella nuova attesa e che hanno i soldi e il tempo per seguire tutte le tappe del tour (roba che ai nostri tempi toccava sfondare praticando l'autoriduzione per vederne uno). Così finalmente hai in mano i due biglietti, del tutto simili a quelli che il giorno del concerto rivedrai in mano ai bagarini, che non si riesce proprio a capire come se li sono procurati. Ora non resta che sederti ad aspettare il 3 giugno (magari dando un'occhiata distratta agli Stones), ripassando tutti i dischi del Boss in attesa dell'ennesimo, entusiasmante, orgiastico, rito collettivo. Nella speranza che la profezia dei Maya sia davvero una cagata pazzesca.

Le vicende e i fatti narrati in quest'articolo sono rigorosamente accaduti nella giornata di lunedì 3 dicembre a Milano. Non a me personalmente, ma all'amico Nicola Malatesta che mi ha comprato il biglietto, che vedete qui riprodotto; a lui, benché juventino, va la mia sempiterna riconoscenza e un'immensa gratitudine.

lunedì 3 dicembre 2012

La musica del caso


Al contrario di Lacan, che asseriva che niente succede per caso, a me sembra probabile che tutto avvenga proprio per caso e siamo noi che, ex post e pazientemente, ci incarichiamo di trovare legami, vincoli, nessi, significati, ad avvenimenti che altrimenti se ne starebbero tranquilli per fatti loro. A questo pensavo mentre in una giornata grigia e piovosa tornavo in macchina da Genova verso Milano; il lettore Mp3 offriva un'ampia varietà di scelta e dopo attenta valutazione, avevo optato per “Bastards”, l'album di remix di Bjork che raccoglie le canzoni di “Biophilia” - uscito nel 2011 – rivedute e corrette da alcuni tra i più interessanti manipolatori sonori della scena attuale. Operazione riuscita perché, per parlar chiaro, tanto “Biophilia” sembrava un disco stanco e inerte, quanto “Bastards” appare vitale e policromo: grazie soprattutto al siriano Omar Souleyman che rilegge “Crystalline” e “Thunderbolt”, a Matthew Herbert, a Hudson Mohawke. Il caso - ma in realtà a conferma di quanto appena detto, l'ordine alfabetico - ha voluto che nell'elenco musicale del lettore subito dopo Bjork ci fosse il nuovo disco di Bryan Ferry. E così dall’elettronica contemporanea, se non futuribile, mi sono ritrovato negli anni '20, nella ruggente età del jazz tanto cara a Scott Fitzgerald: sì perché l'ex Roxy Music ha pensato di rivisitare alcuni tra i suoi successi più famosi (“Avalon”, “Slave to love”, “The Bogus Man”), rischiando l'accusa di plagio nei confronti di Louis Armstrong, dei Wolverines di Bix Beiderbecke o addirittura dell’Original Dixieland Jazz Band. Per la cronaca l'esperimento, contro ogni aspettativa, può dichiarasi riuscito; ma al di là di questo il sincronico apparire di due dischi così diversi nel risultato finale, ma così simili nel progetto ideativo (il riarrangiamento o se preferite il remix di brani pre-esistenti), mi sembra la miglior testimonianza di una caos (occhio all'anagramma) creativo, magmatico e fecondo, tipico del post-contemporaneo globale in cui nostro malgrado ci ritroviamo a vivere. All'opposto di quella musica classica che invece prevede per statuto l'incessante e ripetuta riproposizione della stessa partitura. Solo un caso?

Un Amore Supremo

In occasione dell'uscita in edicola di A Love Supreme, primo titolo della collezione I Capolavori del Jazz in Vinile, sono andato a ria...