martedì 11 dicembre 2012

Live is better


Se, come afferma Marc Augé, i grandi concerti del rock sono gli ultimi riti di massa della società contemporanea, non stupisce che se ne siano infine accorti anche i discografici italiani, in genere non proprio i più lesti a reagire al futuro che avanza (o al passato che resiste). Così da qualche tempo è diventato d'uso, in occasione dell'uscita di dvd e cd dal vivo, organizzare una tantum la proiezione del medesimo concerto su grande schermo al cinema. Lo hanno fatto Ligabue, Vasco Rossi e i Litfiba (in quel caso era un documentario che lanciava nuovo disco e tournée); a ottobre è stata la volta del leggendario concerto del 2007 dei Led Zeppelin alla 02 Arena di Londra in cui a John Paul Jones, Jimmy Page e Robert Plant si era unito Jason Bonham, il figlio dello scomparso batterista John Bonham. Dal cinema alla televisione come si sa il passo è breve e quel concerto, approda lunedì 10 dicembre alle 23.45 su Italia 1 (non tutto, bisogna pur vendere il dvd). Sabato 15 è invece la volta dei Rolling Stones (dopo che la scorsa settimana DeeJay TV aveva in palinsesto il film “Charlie is my darling”, documentario sui concerti di Dublino del 1965) con Sky che trasmetterà in diretta - alle 3 di notte – dal Prudential Center di Newark, la seconda delle due date previste in quella città dalla tournée del cinquantenario. In questo caso per la visione occorre sborsare 12 euro, nemmeno troppi se si considera che i prezzi dei biglietti rimasti vanno da 493 a 813 dollari (ma se ci si muoveva per tempo si trovava un'ultima fila a soli 114,80). I soliti incontentabili obbietteranno che l'atmosfera del live, l'ebbrezza della partecipazione al rito collettivo, la speranza di trovare in uno sguardo incrociato per caso, l'uomo o la donna della vostra vita, non sono replicabili né sul grande, né sul piccolo schermo. Ma non è questo l'ambito dove discettare delle differenze tra il sesso, l'erotismo e la pornografia. E comunque il concerto in tv ha l'enorme vantaggio di farvi vivere senza conoscere i meandri misteriosi del mondo della prevendita. La scorsa settimana sono apparsi i tagliandi del prossimo tour italiano di Bruce Springsteen; i devoti del Boss sanno bene a quali prove si è costretti per ottenere l'ambito pezzo di carta: attese snervanti di ore (se non di giorni), appelli e contrappelli autogestiti per verificare che i partecipanti non abbiano abbandonato la coda, polemiche con i venditori che, chissà perché, non svelano il numero dei biglietti a loro disposizione. Il tutto condito da voci incontrollate che confermano l'esistenza di blocchi di biglietti all'altra parte della città, nella speranza che qualche ingenuo abbandoni la posizione. Invece a un certo punto arriva una telefonata attendibile che ti dice che il megastore di fronte ce l'ha davvero; e allora si va a dare un'occhiata, tanto il prossimo controllo è tra un'ora: la coda è snervante anche qui (con l'aggravante che si è costretti a condividerla con tifosi dell'Inter e mamme che vogliono portare le figlie a vedere la “Cinderella” di Rossini), talmente da abbandonarla in tempo per tornare indietro, dove infine è arrivato il tuo turno, ma proprio quando il botteghino chiude perché i biglietti son finiti e chi te lo dice ha uno sguardo frettoloso e sardonico che meriterebbe una reazione di ben altra violenza. Altra corsa e infine riesci a mettere le mani su due biglietti per il prato, il primo settore a scomparire (che on line non è nemmeno in vendita); e sei già felice, anche se un po' invidioso di quei ventenni che hai conosciuto nella nuova attesa e che hanno i soldi e il tempo per seguire tutte le tappe del tour (roba che ai nostri tempi toccava sfondare praticando l'autoriduzione per vederne uno). Così finalmente hai in mano i due biglietti, del tutto simili a quelli che il giorno del concerto rivedrai in mano ai bagarini, che non si riesce proprio a capire come se li sono procurati. Ora non resta che sederti ad aspettare il 3 giugno (magari dando un'occhiata distratta agli Stones), ripassando tutti i dischi del Boss in attesa dell'ennesimo, entusiasmante, orgiastico, rito collettivo. Nella speranza che la profezia dei Maya sia davvero una cagata pazzesca.

Le vicende e i fatti narrati in quest'articolo sono rigorosamente accaduti nella giornata di lunedì 3 dicembre a Milano. Non a me personalmente, ma all'amico Nicola Malatesta che mi ha comprato il biglietto, che vedete qui riprodotto; a lui, benché juventino, va la mia sempiterna riconoscenza e un'immensa gratitudine.

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