venerdì 31 ottobre 2014

Marianne Faithfull, Live all’Auditorium di Milano 27 ottobre 2014

Le premesse c’erano tutte perché il suo ultimo disco, Give my love to London  è davvero bello. Così l’attesa per il primo dei suoi due concerti italiani in programma era molta, dopo la scarna esibizione a Che Tempo Che Fa (senza Anna Calvi, pare bloccata da problemi di salute). L’ingresso è faticoso, l’ex musa della Swingin London si appoggia ad un bastone, la sedia al centro del palco è lì per darle riposo, molte canzoni le canterà da seduta, con un provvidenziale leggio che le ricorderà i testi che faticano a riaffiorare. Ma la voce, benché a tratti affaticata dagli anni, è capace di gelarti in un lampo, di aggrovigliarti con la sua apparente monotonia tonale. Ci riesce con le canzoni dal nuovo album (lo farà quasi tutto, ringraziando le persone che per lei hanno scritto, da Roger Waters a Nick Cave ad Anna Calvi), ci riesce (e come poteva essere diversamente) con Broken English, terzo brano in scaletta, quando posa gli occhiali scherzando sul fatto che di questa canzone si ricorda le parole perfino lei.
Sul palco sono in quattro, basso, batteria, chitarre e tastiere (c’è Ed Harcourt): ma la scena è tutta per lei che reinventa a modo suo The Price of Love degli Everly Brothers, non sfugge al rito di As Tears Go By e poi piazza verso il finale Sister Morphine seguita da un gioiello di Nick Cave, Late Victorian Holocaust, un uno-due che stenderebbe anche uno passato di lì per caso. È ora di andare, c’è tempo ancora per The Ballad of Lucy Jordan (da sempre in repertorio, anche nel bel live del 1990, Blazing Away) e la commossa chiusura di Who Will Take Your Dreams Away scritta da Angelo Badalamenti per il film di Marc Caro e Jean-Pierre Jeunet, La Città Perduta. Si alza a fatica, ma sempre sorridendo e si appoggia per venire in proscenio a prendere i meritati applausi.




Una serata per Cesare Marchini

A un anno di distanza dalla sua scomparsa lunedì 3 novembre alle ore 21 al teatro Gustavo Modena l’Orchestra Filarmonica di Sampierdarena rende omaggio al musicista che ne è stato l’anima per venticinque anni, il maestro Cesare Marchini. Oltre ai ‘ragazzi’ della sua orchestra diretta da Enrico Ferrando sono annunciati molti ospiti tra cui Gianluigi Trovesi, Gianni Coscia, Antonio Marangolo, Giampaolo Casati, Stefano Riggi, Luca Begonia, Gianluca Tagliazucchi, Piero Leveratto. Con tutti aveva suonato, a molti aveva insegnato, prima nella scuola del Louisiana Jazz club di Genova, poi nelle Filarmoniche di Sestri e Sampierdarena, dove ha letteralmente plasmato centinaia di musicisti. Una bella occasione per ricordarlo e per ascoltare del buon jazz.
Fin qui la notizia alla quale aggiungiamo un personale ricordo: ho avuto la fortuna, negli anni in cui ho lavorato al Teatro dell’Archivolto di Genova, di scoprirlo nei concerti in cui guidava la ‘sua’ Filarmonica di Sampierdarena, di farmi raccontare da chi lo conosceva quale vita avventurosa (e drammatica) fosse stata la sua (la trovate nel bel video-documentario “1... 2... 3... 4... Video Ritratti di Cesare Marchini”, realizzato da Paolo Borio e Ugo Nuzzo, in occasione dell'ottantesimo compleanno del Maestro), di vederlo dirigere (e non erano tutte rose e fiori), di complimentarmi (complimenti immancabilmente restituiti al mittente) per il suono e la musicalità del suo sax alto. Sapevo che aveva studiato con Lee Konitz (li avrei sentiti insieme nel marzo del 2004 quando incrociarono i sassofoni durante un concerto con la Bansigu Jazz Band), nientemeno che da Lennie Tristano negli anni ’50 a New York. Avrei scoperto come c’era arrivato, lui fiumano, deportato a Dachau dai nazisti, emigrato negli Stati Uniti dove, arruolato per la guerra di Corea, era finito a suonare il sax nella banda dei marines. Poi gli anni in Scandinavia, dodici, a dirigere un’orchestra da ballo. Infine il ritorno in Italia, a Genova, dove esercitava l’altra sua grande passione, la pittura, metafisica come spesso poteva apparire la sua musica; e a volte anche lui stesso, quasi isolato nella sua incontrovertibile purezza, che non diventava mai spocchia o presunzione. Anzi, tutt’altro. E musicalmente parlando mi sento di dire che era davvero l’unica cosa che gli mancasse.




lunedì 20 ottobre 2014

Abbiate Fedez

Ad Alfonso Signorini, Federico Lucia, 23 anni in arte Fedez, gli piace molto. Tanto tanto.
Tanto da dedicargli per la seconda volta la copertina di Chi, il settimanale da lui diretto (ad ottobre ha avuto l’onore anche della copertina di Rolling Stones Italia, ma questo è un problema che riguarda Rolling Stones USA), una lunga intervista, un articolo di tal Azzurra Della Penna che ripercorre la sua carriera e soprattutto un editoriale che potrebbe essere la prova decisiva di fronte al quale nessun tribunale potrebbe opporsi all’abolizione dell’Ordine di Giornalisti. Nel corsivo l’ineffabile Alfonso (che per inciso si fa ritrarre sorridente in t shirt e gatto sulle spalle) spiega le ragioni di tanto affetto: Fedez sarebbe (il condizionale è d’obbligo poiché non lo conosciamo personalmente) una persona scomoda e incoerente, ma autentica. Da cosa deduce il nostro, questa scomoda incoerenza? “Perché nelle sue canzoni cuore non fa mai rima con amore“ (a essere onesti nelle sue rime si sente di peggio: “Fiero di essere italiano/una Repubblica fondata sul lavoro…di mano”); perché “è pieno di tatuaggi, ama i genitori, che lo seguono fieri nelle sue trasferte” (anche perché la madre è l’amministratore delegato della sua società fondata insieme a J-AX); perché “critica senza fare sconti il sistema e lo fa perché lo conosce bene”. Tanto da scrivere l’inno per la festa Cinque Stelle al Circo Massimo: “Dalla marcia su Roma fino al marcio su Roma c'è solo un MoVimento che va avanti all'infinito”; e proprio una frase dell’inno - “Caro Napolitano te lo dico con il cuore o vai a testimoniare oppure passi il testimone!” – ha scatenato le ire di due deputati del PD che hanno chiesto a Sky di rimuoverlo dalla giuria di X Factor (sia detto di passaggio: un po’ come se alle mogli dei due si chiedesse, a causa dell’evidente stronzata uscita di bocca, di abbandonarli testé al loro destino).
Insomma un vero personaggio scomodo e incoerente, proprio quello che funziona di più in questo momento, in cui una comoda coerenza non interessa più nessuno; quasi un eroe nazionale, guarda un po’ il titolo di un suo video del 2013 in cui appare proprio lui, Alfonso Signorini, elegante in tutina rosa simil-Superman. È allora ecco svelato l’arcano, è lui l’autentico eroe nazionale che parla attraverso Fedez, il vero scomodo e incoerente del panorama italiano, l’uomo che non ha paura di cantarle a tutti senza scrupoli, uno che a testa alta potrebbe dire “non è che la TV di Berlusconi, ci ha fatto diventare tutti un po’ coglioni?”. Potrebbe. Chi è pur sempre un settimanale del gruppo Mondadori, non è che siam proprio incoerenti fino in fondo.

lunedì 13 ottobre 2014

Sperimentazione, alluvione e rumori di fondo

Giovedì scorso a Milano gli spazi dell’Hangar Bicocca hanno ospitato un concerto/performance di Alvin Lucier. Ottantatré anni, compositore  e musicista sperimentale, è noto ai più per un’opera del 1969 dal titolo ‘I Am Sitting in a Room’, una tra le tre in programma insieme a ‘Music for Solo Performer’ e ‘Nothing Is Real’. In ‘I Am Sitting in a Room’ seduto al centro del palco Lucier legge un testo di circa cinque righe che viene registrato da alcuni microfoni posizionati per la sala e quindi ritrasmesso. Con il susseguirsi delle registrazioni le risonanze della sala diventano sempre più pronunciate, fino a rendere prima inintelligibile il discorso, poi a trasformarlo in puro rumore. Una performance davvero affascinante, ricca d’implicazioni meta-musicali, non ultima quella che stimola la riflessione sul ruolo dell’ambiente nella comunicazione. Tornato a casa. ho aperto Twitter e ho scoperto quello che stava accadendo nella mia città, Genova, in particolare nel mio quartiere, Marassi. Sul web, sui social, in tv (parlo di Primocanale, che con  Nur El Gahwoary, Francesca Baraghini e Dario Vassallo ha fatto il vero servizio pubblico) si susseguivano le notizie. Ma dal giorno dopo sono iniziati i commenti (incazzati, rabbiosi, amareggiati, polemici, tristi) e poi le dichiarazioni ufficiali, le conferenze stampa delle autorità, le interviste, un balletto di affermazioni in cui ognuno comunicava la sua parte di verità (o di falsità). L’effetto è stato non di individuare responsabilità (molte) ed errori (moltissimi), ma di creare un rumore di fondo sempre più crescente in cui tutto diventava indistinguibile, proprio come nell’opera di Lucier. L’apoteosi (per ora) è stata raggiunta nella trasmissione di RAI1 l’Arena domenica pomeriggio, quando la Santanché straparlava spostando la questione su un piano puramente politico di fronte alle parole del giornalista Ferruccio Sansa, ragionevoli e condivisibili, le stesse che molti ripetono da tempo e che nessuno ascolta. Forse perché coperti da un rumore di fondo, sempre più fragoroso, assordante e inutile.





domenica 5 ottobre 2014

Sister di ieri e di oggi


La notizia tanto sospirata è infine arrivata: sta per essere pubblicato il primo album di Sister Cristina, conosciuta come suor Cristina, prima di vincere l’edizione 2014 di The Voice of Italy e come Cristina Scuccia da Cosimo ancor prima, quando giunta a Roma con il desiderio di dedicarsi alla danza e al canto incontrò la fede e decise di prendere i voti per la congregazione delle Orsoline. Ma la passione evidentemente era troppo forte, lo ammette lei stessa nel trailer di presentazione pubblicato dalla casa discografica qualche giorno fa, in cui ammette candidamente che il canto è rimasto “il filo conduttore” della sua vita. Strano, ci avevano insegnato che per suore e preti il filo conduttore della vita avrebbe dovuto essere un altro… ma lasciamo stare la facile polemica e andiamo avanti. In realtà il fenomeno suor Cristina subito dopo la vittoria sembrava già offuscato: il suo inedito ‘Lungo la riva’, presentato in finale e firmato da Neffa, era rimasto sempre fuori dalla Top 10 di iTunes, nonostante il gran clamore mediatico (in tutto il mondo, di lei avevano scritto Billboard, il Guardian, il New York Daily News, i suoi video su YouTube avevano avuto centinaia di migliaia di visualizzazioni). Ora ci riprova con un album forse di cover (quasi certamente ci sarà ‘No one’ di Alicia Keys cantata come va di moda oggi, con un profluvio di gorgheggi e birignao). Non è certo il primo esempio di religiosa che si diletta con il canto, i più anziani certo ricorderanno Frate Cionfoli che nel 1982 si presentò a Sanremo con ‘Solo Grazie’; e i più giovani si deliziano sicuramente con i video di tale Don Bruno Maggioni che durante i matrimoni irrompe cantando ‘Mamma Maria’ dei Ricchi e Poveri (tutto vero, verificate pure). Ma questi sembrano e sono dilettanti in confronto a tutto l’apparato mediatico che una major come l’Universal ha assicurato alla nostra orsolina: pagina Facebook (sistercristinaofficial), account Twitter (@SisterCristina) e sito ufficiale (sistercristinaofficial.com). Certo restano i dubbi di cui sopra, ma vsto che anche Papa Francesco usa twitter limitiamoci a criticarla dal punto di vista musicale. O eventualmente a ignorarla bellamente pensando che per noi l’unica Sister degna di nota è quella che cantava Marianne Faithfull tanti anni fa.

Un Amore Supremo

In occasione dell'uscita in edicola di A Love Supreme, primo titolo della collezione I Capolavori del Jazz in Vinile, sono andato a ria...