lunedì 30 gennaio 2012

Sono solo canzonette


"Le Amiche del Sabato" va in onda il sabato pomeriggio, sul primo canale della televisione italiana. Questa settimana ospita una Marcella Bella recriminante per essere stata esclusa da Sanremo; in un video Gianni Morandi spiega che bisognava fare delle scelte e quindi la canzone alla fine non è stata ammessa. Ma né la conduttrice della trasmissione, né le amiche partecipanti (tra cui Rosanna Cancellieri, tanto per capire), né tantomeno Marcella, si danno pace di fronte a una spiegazione così semplice. "Caterpillar" è una storica trasmissione radiofonica di Radio 2 (dove lavoro da settembre), in onda dal lunedì al venerdì alle 18, ormai da quindici anni. Otto anni fa 'inventa' M'illumino di meno, la giornata del risparmio energetico, una manifestazione che invita alla riduzione degli sprechi, alla produzione di energia pulita, alla mobilità sostenibile, alla riduzione dei rifiuti. Durante una riunione di redazione uno di noi lancia l'idea di un concorso per far comporre l'inno di M'illumino agli ascoltatori: trasmetteremo tutti i brani arrivati e sceglieremo quello che ci accompagnerà nel mese di campagna che precede la giornata conclusiva del 17 febbraio. Tra novembre e dicembre arrivano solo quattro inni; quando riprendiamo a trasmettere, il 2 gennaio, mancano due settimane al termine per la partecipazione e saremmo contenti di arrivare a quindici-venti. Improvvisamente – complici le vacanze di Natale o la sobrietà del governo Monti – una deflagrazione di mp3 ricopre la redazione. Alla fine saranno tantissimi, centoventicinque, di ogni genere musicale e livello qualitativo, dal professionismo al familiare, dal superserio allo scanzonato; ne scegliamo uno (quello che a noi sembra il più bello e il più adatto) e sul web o via mail alcuni si lamentano con toni apocalittici: chi paventa loschi maneggi, chi è convinto di un risultato deciso in partenza, chi ricorda che in fondo anche Caterpillar è RAI e come a Sanremo premia i 'soliti noti'. Fortunatamente il divertimento e il successo dell'iniziativa oscurano i professionisti del lamento, incapaci di credere che tanti partecipano, uno vince e tutti gli altri perdono. Una spiegazione semplice, forse troppo per chi è abituato a veder complotti ovunque. Soprattutto per chi, come tutti noi, non sa più sottostare alle regole del gioco. E non solo del gioco.

Ma cos'è questa crisi?


Se anche Standard and Poor ci ha retrocesso da "Tripla A" a "Seconda B", qualunque cosa voglia dire, non possiamo avere più dubbi: è la crisi. Un dato di cui qualcuno di noi era già consapevole; ma fino a qualche mese fa non si poteva dire, pena l'intristimento del re e dei suoi giullari. La musica invece, in crisi c'è già da tempo, quella italiana più delle altre: escono decine di dischi alla settimana che nessuno compra e, nella maggior parte dei casi, nessuno ascolta. L'ultima trovata per provare a dare un po' di buonumore alla categoria è rituffarsi nella musica della crisi per eccellenza: quella del '29, del crollo di Wall Street negli States e dell'autarchia della fascistica Italia. Nello scorso dicembre Giovanni Nuti ha pubblicato "Vivere senza malinconia", sottotitolo "Le canzoni dello swing italiano Anni '30 e '40": tra i titoli "Bellezze in bicicletta", "Mille lire al mese", "Ho un sassolino nella scarpa". Questa settimana il Trio Marrano (due donne e un uomo) accompagnato dagli strumentisti del Quartetto Bellimbusti fa uscire il cd "Altri tempi": tra le quattordici canzoni "Pippo non lo sa", "Conosci mia cugina" e l'inevitabile "Ho un sassolino nella scarpa". Casualità certo (nel 1999 anche Stefano Bollani con L'Orchestra del Titanic aveva riletto la musica del periodo), unita al conforto di un genere buono per tutte le occasioni, forse alla mancanza d'ispirazione o magari a una genuina passione. Ma di questo passo, sarà difficile sopravvivere alla crisi...

Cervelli in fuga


Il luogo prescelto è un vasto locale diviso in due ampi spazi, piuttosto anonimi. Le hostess in tailleur blu consegnano una cartella stampa a persone che si salutano con entusiasmo esagerato o distrattamente, in virtù della posizione che occupano in un'immaginaria scala gerarchica. I posti a sedere, un centinaio, sono tutti occupati, i ritardatari restano in piedi o, tra l'affanno degli uffici stampa, trovano miracolosamente posto, in virtù della posizione... Parte l'ascolto del disco, alle pareti scorrono all'infinito le immagini di un video, uno solo per i tutti i cinquanta minuti con i due rocker, uno canta, l'altro schitarra, tra borchie, pelle e tante fiamme. Maledetti! Il cd finisce, bisogna aspettare ancora e allora ascoltiamo di nuovo il singolo "da oggi in tutte le radio". Quando qualcuno depone due Ceres sul tavolino comprendiamo che il momento è giunto: da una porticina laterale escono le star, uno in maglietta nera, l'altro con un gilet che gli lascia le maniche in vista con gli immancabili tatuaggi. La liturgia può avere inizio. Le domande sono ficcanti: il giovane appassionato che scrive sul quotidiano di provincia ripercorre tutta la discografia del gruppo prima di formulare un quesito che dopo un attimo nessuno ricorda; il critico di lungo corso s'informa sull'eventuale lifting della coppia testé riformata; un altro evidenzia come quest'ultima fatica suoni molto "Red Hot Chili Peppers"; una ragazza di un sito web s'informa sulla scaletta dei concerti dell'imminente tour. Piero e Ghigo hanno una risposta per tutti: evitano la polemica con Vasco e Ligabue, pazientemente smentiscono l'intervento plastico, confermano che dal vivo suoneranno i pezzi dell'ultimo album e i loro più grandi successi, ogni tanto si lasciano scappare una parolaccia, salutata da un mormorio d'approvazione: rock'n'roll never die. Poi le parole d'apprezzamento per il primo ministro Monti e di disprezzo per una classe politica incapace e corrotta: non a caso "Grande Nazione" è la seconda parte di una trilogia politica dedicata agli stati. La celebrazione è agli sgoccioli: bisogna solo ricordare l'inevitabile partecipazione a "Che tempo che fa", il restyling del sito, il Litfiba day del 16 gennaio, unico giorno in cui sarà visibile nei cinema il documentario "Cervelli in fuga. Europa live 2011" diretto dallo stesso Pelù; infine gli immancabili autografi e le foto di rito. La folla plaudente si avvia verso l'uscita, gli artisti scompaiono nel backstage, i computer si spengono, i bloc-notes si richiudono, i giornalisti si salutano frettolosamente, o si avvicinano al buffet, sempre in virtù della posizione che occupano in un'immaginaria scala gerarchica. Ma qui, davvero è tutto immaginario.

lunedì 9 gennaio 2012

Buon anno


Nella lunga pausa natalizia, i torpori post-prandiali e le consuete classifiche riepilogative, hanno finito per indurmi a confuse riflessioni sullo stato della musica. Prendendo spunto dal nuovo inserto della rivista francese Jazz Magazine (ventotto pagine tratte dai suoi archivi: nel primo numero articoli dagli anni tra il 1954 e il 1959) e dal bollino Choc (i dischi scelti del mese) ottenuto da sette ristampe su undici titoli in totale, avevo già elaborato una decina di righe in cui mi domandavo retoricamente se il jazz esista ancora o sia ormai tenuto in vita artificialmente. Certamente, pensavo, la 'favolosa' stagione degli anni '70, quando Miles Davis divideva il cartellone del Fillmore con Grateful Dead e nelle riviste rock non mancava mai lo spazio per artisti come John Coltrane, Archie Shepp o Sam Rivers, è ormai finita. Rimuginavo sul profondo mutamento subito dalla fruizione della musica – con conseguente riposizionamento della sua funzione sociale – quando l'occhio mi cade su un articolo di Gino Castaldo di Repubblica del 6 gennaio, "Il grande silenzio del rock. Questa volta è finita davvero". Si tratta di un interessante analisi che evidenzia due aspetti: da un lato il dominio del pop (e limitatamente agli States del rap) nelle classifiche di vendita, dall'altro l'incapacità del genere, che ha fin dalla sua nascita simboleggiato la protesta nei confronti dell'establishment, di fornire al movimento degli indignati di Occupy un'adeguata colonna sonora o almeno una canzone simbolo. Sicuramente "il popolo giovanile, incoraggiato da un sistema mediatico votato al consumismo più sfrenato, sembra tornato a un'era pre-rock in cui la musica era soprattutto intrattenimento"; ed è altrettanto vero che le nuove band di culto non sembrano "volersi fare carico di essere portavoce di alcunché, tantomeno di esprimere nelle canzoni un grande respiro generazionale", così come "le band storiche tipo U2, non sembrano più molto intenzionate a cavalcare la ricerca dei nuovi sentimenti planetari". Tutto vero: mi sembra però che questo fenomeno sia soprattutto il riflesso di un'incapacità molto più generale - del cinema, della letteratura, dell'arte, ma anche (molto più drammaticamente) del pensiero sociale e politico – di cogliere complessivamente gli aspetti di una realtà sempre più frammentata, discontinua e in fin dei conti privata. Così l'assenza del rock di cui parla Castaldo (e del jazz, aggiungo io) non è che l'inevitabile riverbero di una carenza di ideologie (nel senso migliore, se gliene è rimasto uno, del termine), capaci di restituire un senso a quanto accade nel mondo. La 'fine della storia' di cui scriveva Fukuyama nel 1992, avrebbe quindi lasciato solo macerie, tra le quali ci aggiriamo (proprio come Wall E, il protagonista dell'omonimo film d'animazione Pixar, che non a caso grazie al vecchio VHS di "Hello, Dolly!", aspira a non essere più solo) alla ricerca di un senso, forse impossibile da trovare. Proprio per questo non credo che si possa semplicemente accusare la musica di attraversare "un lungo e irritante letargo di coscienza". Mi sembra che la sfida che ci attende sia molto più complessa e, soprattutto, forse per la prima volta, imponga a ciascuno di noi uno sforzo consapevole, individuale e sociale al contempo. Se poi a farci compagnia debba essere un cofanetto di Nat King Cole, un live del 1967 di Miles Davis, un brano inedito dei Doors o l'ultimo acquarello di Bon Iver, decidiamolo pure liberamente e senza preoccuparcene troppo.

Un Amore Supremo

In occasione dell'uscita in edicola di A Love Supreme, primo titolo della collezione I Capolavori del Jazz in Vinile, sono andato a ria...