domenica 24 gennaio 2010

Back to the future


“Rip, mix, burn. Dopotutto è la tua musica”. É uno slogan pubblicitario di Apple che in Italia non abbiamo mai visto per l’impossibilità di tradurlo, mantenendone inalterata l’efficacia. Significa, pressappoco: scarica un brano da Internet (rip), mettilo insieme a quello che ti pare (mix) e poi masterizzalo (burn). Ovviamente con queste parole la casa di Cupertino si guardava bene dall’incitare al download libero; nonostante un’immagine abilmente costruita, Apple è una delle aziende meno disposte alla condivisione. Dall’iPhone (che, infatti, non si apre nemmeno per cambiare la batteria) ad iTunes, nel mondo della mela tutto si paga profumatamente: è il prezzo per essere up-to-date. Ma il passato bussa alla porta: come Muddw Waters aveva preso a Son House che aveva preso a Robert Johnson, come gli Zeppelin avevano preso a Muddy Waters, oggi chiunque può prendere un brano, mixarlo con altri dieci, farlo diventare una cosa diversa e poi condividerlo in rete. Il miraggio libertario e anarchico del punk (chiunque può suonare), profondamente ingenuo (tranne che per Malcolm McLaren), si è infine realizzato; o almeno ci prova, perché come racconta Brett Gaylor nel documentario, in stile Michael Moore, “Rip! A remix manifesto”, la reazione delle majors non si è fatta attendere. Il film alterna la storia di Girl talk, ingegnere di giorno e musicista-dj di notte specializzato nel mashup e nel digital sampling (cioè nello smontare e rimontare pezzettini di canzoni, anche una singola battuta, per giungere a un nuovo brano completamente distinto dall’originale) confermando l’assunto che la cultura è sempre costruita sul passato; e che da sempre il passato cerca di controllare il futuro (leggi gli autori dei brani originali non sono per niente contenti che Girl talk o chiunque altro prenda un pezzo della loro opera per utilizzarlo a proprio piacimento). Quanto poi, in epoca di globalizzazione totale (e quindi anche di pensiero), la situazione musicale sia paradigmatica di quella politica o sociale, lascio a voi la riflessione. p.s. il dvd è pubblicato da Feltrinelli a 14,90 euro, ma se scrivete vi invio il link per scaricarlo o, se abitate vicino, ve lo porto anche di persona.

giovedì 21 gennaio 2010

La musica che gira intorno parte 3 (fine)


Scrive Gino Castaldo nel suo libro edito da Einaudi, "Il buio, il fuoco, il desiderio": "in realtà ancora non esiste la musica di oggi". Vero. Down Beat, la bibbia americana del jazz che non esita a recensire anche il rock, nel suo ultimo numero ha riassunto i dischi che negli anni '00 hanno meritato le fatidiche cinque stelle: su 112 titoli, la metà sono ristampe. Così infuriano i dibattiti su cosa si debba fare oggi con la musica di ‘vecchi’ come Dylan e Morrissey e di ‘nuovi’ come Them Crooked Vultures, un riuscito incrocio tra Led Zeppelin e Nirvana. A rovesciare il problema forse si trova la soluzione: ma l'oggi vuole una sua musica? Evidentemente no, bastano gli infiniti relitti del passato, che continueranno a galleggiare nell’incommensurabile spazio offerto dalla Rete per i secoli dei secoli, a disposizione di qualcuno che si decida a scaricarli (per riporli in un hard disc gigantesco; ad ascoltarli c’è sempre tempo). É anche la definitiva dimostrazione che la musica ha completamente perso la sua funzione sociale; o per dirla nuovamente con le parole di Castaldo “ha smesso di essere quella che è stata per un periodo enormemente lungo”. Ma sarebbe ingeneroso o presuntuoso immaginare la musica come un valore assoluto, impassibile e impermeabile a quello che gli accade intorno: in realtà, per la gioia di Jacques de Chabannes de Lapalisse, è la società ad essere cambiata e la musica non ha fatto che adeguarsi (nel peggiore dei modi); così non resta che rassegnarsi a cercare nei meandri più reconditi e inaspettati la musica dell’oggi. Consapevoli che sicuramente “The revolution will not be televised” (come cantava Gil Scott-Heron, uno di cui parleremo presto, perché dopo anni di silenzio sta per uscire il suo nuovo inaspettato album, “I’m new here”); ma che molto probabilmente non sarà nemmeno la musica a occuparsi di annunciare la prossima rivoluzione. Ammesso che via sia qualcuno interessato a farla.

domenica 10 gennaio 2010

La musica che gira intorno parte 2

Da quando la Sony lanciò il suo primo Walkman a cassette (era il 1979), la funzione sociale della musica ha iniziato a mutare trasformandosi sempre più un fatto privato; lentamente e, forse, involontariamente la tecnologia ha aiutato questa devoluzione. Parallelamente alla progressiva smaterializzazione della musica (l’ellepi diventato cd e infine mp3), sono scomparsi gli ascolti collettivi davanti al nuovo ‘stereo’ in cui ognuno portava il disco faticosamente acquistato con i risparmi della settimana o del mese; e l’avvento dell’iPod (2001) ha sancito definitivamente la singolarizzazione, a volte anche un po’ autistica, della fruizione. Nonostante l’oggetto musicale costi sempre meno (checché superficialmente se ne dica, negli anni ’70 per un disco ci volevano 4.500 lire, circa 64 volte un biglietto dell’autobus o un quotidiano che ne costavano 70; oggi, a voler rimanere nella legalità, con 20 euro si compra qualunque cosa, solo 18 volte il prezzo di un giornale), le vendite sono irreversibilmente crollate: 785 milioni i cd venduti nel 2000, 362 nel 2008, 14% in meno le previsioni per quest’anno. Chiunque può ‘possedere’ tutta la musica che vuole nei suoi 160 gb (ma ne bastano anche 2), mentre ai più è sufficiente la suoneria del telefono per soddisfare l’intero fabbisogno musicale di un anno. E l’unico momento in cui si assiste ad un utilizzo sociale della musica, non è certo lo show da stadio in cui è un megaschermo a permettere la (condi)visione dell’evento, ma i due ragazzini sull’autobus che dimezzano le cuffiette per l’ascolto della loro hit preferita. Inevitabile quindi, per tornare alla classifica dalla quale siamo partiti, che a trionfare siano i grandi vecchi del rock: sono loro a raccogliere i consensi degli appassionati che hanno iniziato a comprare negli anni ’70 e ancora perseverano. Gli altri, i più giovani o i meno anziani, sembrano alla ricerca dei dieci titoli sconosciuti da portare sull’isola deserta, dove, in beata solitudine, per parafrasare l’esse est percipi di Berkeley, nessuno si accorgerebbe che stanno suonando.

La musica che gira intorno parte 1

Sfido qualunque appassionato di musica a negare di aver compilato, una volta nella vita, una classifica, una lista, un elenco dei suoi dischi preferiti, dell’anno, di tutti i tempi, dei gruppi con due chitarristi, una batteria e un liuto. E questo, molti anni prima che Nick Hornby regalasse al fenomeno un fascino letterario, sdoganandolo di fronte agli occhi dei normali (d’altra parte non sarà un caso se la rivista Billboard già nel 1894 si occupava dei maggiori successi del burlesque, del vaudeville e dei minstrel shows). A cosa servono? Quelle di vendita a decidere quali dischi ascolteremo alla radio (e con il perverso sistema del “music control”, un marchingegno che registra attraverso un sistema di ‘impronte’ digitali le canzoni trasmesse, a trasformare l’etere radiofonico in un’ininterrotta hit parade che alimenta se stessa). Le altre, come quella che trovate sul nostro sito con i dischi che ci e vi sono piaciuti di più nel 2009, a niente, come tutte le cose davvero interessanti. Ma visto che c’è - pur nella sua provvisorietà poiché i voti stanno ancora arrivando – si può provare ad analizzarla per fare un po’ di sociologia spicciola (ne esiste un’altra?). Scorrendo i titoli non si può far a meno di notare che le preferenze si concentrano su grandi vecchi come Dylan, anziani che invecchiano bene, come Morrissey, Madness e Pearl Jam, naviganti di lungo corso come Antony e Wilco. E le nuove leve? Sparpagliate su innumerevoli titoli (già 250 i dischi votati!), forse il riflesso di un ascolto sempre più parcellizzato: come dire che una volta chi sentiva musica comprava generi diversi, mentre negli ultimi quindici anni ognuno ha il suo angolo di cielo dal quale difficilmente si scosta. O ad essere più brutali: si ascolta solo quello che si conosce e gli altri si arrangino pure. Certo non siamo che un campione ristretto e per niente omogeneo, una vera e propria minoranza insomma; ma resta la sensazione che la funzione sociale della musica sia definitivamente mutata (to be continued)…

Top ten Disco club 2009


1 BOB DYLAN – Together Through Life
2 ANTONY & THE JOHNSON - The Crying Light
MORRISSEY -Years of refusal
4 MADNESS – The Liberty Of Norton Folgate
5 WILCO - The album
6 ARCTIC MONKEYS Humbug
7 ANIMAL COLLECTIVE - Merriweather Post Pavilion
8 PEARL JAM Backspacer
9 MUMFORD & SONS - Sigh No More
10 TOM WAITS - Glitter and Doom

sabato 9 gennaio 2010

Top ten 2009


1. Orchestre nationale du jazz - Around Robert Wyatt

2. Kronos Quartet – Floodplain

3. Allen Toussaint - The Bright Mississippi

4. Bob Dylan - Together through life

5. Mulatu Astake - Inspiration Information

6. Ralph Towner e Paolo Fresu - Chiaroscuro

7. Stefano Bollani - Stone In The Water

8. David Sylvian - Manafon

9. Lee Fields & The Expressions - My World

10. Vic Chesnutt – At the cut

Un Amore Supremo

In occasione dell'uscita in edicola di A Love Supreme, primo titolo della collezione I Capolavori del Jazz in Vinile, sono andato a ria...