lunedì 21 giugno 2010

Musica in una notte d'estate


Nei buchi del palinsesto estivo (tra un Francia-Messico che fa il 35% di share e "Un Posto al sole" che resiste con il suo dignitoso 8%), ecco riapparire la musica: non illudetevi, non si parla di rock o jazz, banditi da tempo dai canali generalisti, bensì della lirica spiegata al popolo (su Rai 1 in prima serata con l'imbarazzante "Tosca" di Lucio Dalla e giorni dopo con l'Antonellona Clerici in prima serata che sdottora su "Madama Butterfly", "Il trovatore", "Turandot" e "Aida", tutta roba da far chiedere a Verdi e Puccini la cittadinanza tedesca) o con i tre appuntamenti dei favolosi Wind Music Awards condotti da Paola Perego. Confessiamo di aver perso i primi due capitoli della saga; il terzo lo abbiamo scoperto per caso, al termine di Uruguay – Sudafrica (32,40%) quando, durante un round del secondo sport nazionale maschile, lo scanalamento selvaggio, siamo rimasti abbacinati dall'immagine di un simil-Michael Jackson (che ricordava invero un triste Pulcinella, in cerca di qualche spicciolo) sbalzato nel bel mezzo dell'Arena di Verona. Non ci eravamo ancora ripresi dallo choc ed ecco apparire una coppia che danza, senza alcun tentativo di apparire in sintonia con la musica, con passi che vanno dal tango al rock 'n' roll. Sullo sfondo, all'improvviso, si erge lui, il BerryUait de noartri (ma lui si sente più vicino ad Isaac Hayes), Mario Biondi, uno che ha fatto da corista per gente come Fred Bongusto, Peppino Di Capri, Califano, Fiorello. Aguzziamo le orecchie per cercar di capire cosa stia biascicando con la sua voce che tanto piace alla gente che piace. Ci viene in aiuto un sottotitolo che conferma il sospetto: si tratta di "Rock with you", un singolo di Jackson (ecco spiegata la controfigura) tratto da "Off the wall". Il divino trascina la sua voce stancamente, ma con aria ispirata e distaccata. Con uno sforzo sovraumano riusciamo a schiacciare il telecomando. Post scriptum: questo articolo è stato scritto prima che andasse in onda "Una voce per Padre Pio", domenica 20 giugno su Rai 1, trasmissione presentata da Massimo Giletti e Alessandra Barzaghi con la partecipazione straordinaria di Emanuele Filiberto. Tra i cantanti partecipanti Valerio Scanu, Marco Carta, Albano, Ivana Spagna e Michael Sembello (quello di "Maniac", dal film "Flashdance"), che dopo una visita a San Giovanni Rotondo ha scritto per Padre Pio l'inedita "Solitary Man" e per la prima volta la eseguirà in tv. Nemmeno un miracolo salverà la musica in TV.

lunedì 14 giugno 2010


Sono iniziati i Mondiali, inutile cercare di ignorarlo: ogni quattro anni arrivano su maxi-schermi all’aperto (‘lights’ in Duomo a Milano su indicazione del sindaco Moratti, cioè a volume basso e senza esultare troppo; no comment) e su maxi-schermi ormai anche nel salotto di casa; come non bastasse, nella speranza di cavare qualche soldo ulteriore, si portano appresso una canzone, pomposamente definito inno, buono da cantare per un mese o per un’estate. Indimenticabili i precedenti: per Argentina ’78 si era scomodato Ennio Morricone, un pool di esperti aveva partorito il titolo, “El mundial”: nessun ricordo tra i viventi. Per Spagna ’82, dopo un convegno indetto ad hoc, ancora “El mundial”, questa volta interpretata da Placido Domingo, doppiata in lingua italiana dal reuccio Claudio Villa. Anche qui nessuna reminiscenza palpabile. Per Messico ’86, ormai sfiniti dalla lingua spagnola, si passa all’inglese di Stephanie Lawrence con “A Special kind of hero”: inutile dilungarsi in commenti. A Italia ’90 il bizzarro trio Moroder - Bennato - Nannini ci consegna la spossante “Un’estate italiana”; anche qui english version, “To be number one”, cantata nientemeno che dai Giorgio Moroder Project. Due arrangiamenti anche per ‘Gloryland’, l’inno ufficiale di USA ‘94: una strumentale eseguita dalla project-band Glory, l’altra da Daryl Hall. Per Francia ’98 si ricorre a Jean-Michel Jarre e Tetsuya Komuro con la vocalist Olivia; ma ‘Together now’ nell’immaginario collettivo è surclassata dal tormentone anglo-latino di Ricky Martin, “The cup of life”/“La copa de la vida”. Ancora per pochi intimi “Anthem”, l’inno ufficiale dei mondiali in Corea del Sud e Giappone del 2002, nonostante la firma di Vangelis. Doppio titolo per Germania 2006: “The Time of Our Lives” cantato da Toni Braxton e dal quartetto vocale Il Divo, gruppo che porta nel nome il germe della sua dissoluzione; e “Celebrate the Day” del celeberrimo musicista tedesco Herbert Grönemeyer, con il contributo vocale di Amadou e Mariam. Anche qui brani non pervenuti. Ed eccoci al Sudafrica con Shakira e “Waka Waka” (tanto per evocare “Pata Pata”); su quest’ultima si è preventivamente pronunciato Antonello Venditti che sul magazine del “Corriere della Sera” del 10 giugno, chiamato in causa per la sua esperienza sul campo (subito rinnegata nel corso dell‘articolo: “io di inni non ne ho mai scritti con intenzione”, né “Roma Roma”, né “Grazie Roma”) segnala il suo disagio di fronte alla scelta di una cantante colombiana. Lui avrebbe usato la voce di Miriam Makeba (da morta), magari chiedendo a Jonny Clag (sic) di comporre un brano. Immaginiamo parlasse di Johnny Clegg, ma non si può pretendere tanto da uno che guarderà i mondiali nel giardinetto della sua casa a Trastevere, come fa di consueto “dagli anni di piombo, quando il calcio era la droga del popolo” e che canterà “Fratelli d’Italia non con la voce, ma dentro il cuore, perché è così che si cantano gli inni”. Concetti profondi, che non ci stupiremmo di trovare nel prossimo successo dell’Antonello nostro. Da cantare dentro il cuore, ovviamente.

mercoledì 9 giugno 2010


“Il destino prenderà la forma di una lettera con l’intestazione del Curtis institute, arrivata nella casella postale dei Waymon un mattino del 1950 (…) Non c’era bisogno di chiedere cosa contenesse. Lo capirono quando Eunice cercò i loro sguardi, alzando gli occhi dal pezzo di carta e riportò le braccia lungo i fianchi. Gli occhi persi, mormorò che era impossibile, poi lentamente, porgendo il pezzo di carta a chi la voleva, disse «Mi hanno scartata»”. Eunice ha 17 anni, su di lei erano riposte le speranze della sua famiglia, della comunità di colore del paese dove viveva, della maestra di pianoforte e della donna - bianca - che aveva creato un fondo economico di sostegno per la realizzazione di un sogno: trasformare una ragazzina timida e introversa, ma straordinariamente dotata per la musica, nella prima concertista classica americana di colore. Il fallimento ha un sapore amaro, tanto più quando le aspettative non riguardano solo la tua persona, ma addirittura un popolo e soprattutto se sei così giovane e indifesa. “Lei non conosce la sua bellezza, pensa che la sua pelle scura, non sia degna di gloria. Se avesse potuto danzare nuda, sotto una palma e vedere una sua immagine, riflessa nel fiume, saprebbe che non è così. Ma non ci sono palme per strada, e l’acqua sporca dei piatti da lavare, non riflette immagini”. A volte però i miracoli avvengono: dove finisce la vicenda di Eunice Waymon, inizia la storia di Nina Simone (pseudonimo scelto in onore di Simone Signoret), superbamente raccontata da David Brun-Lambert in un libro - Nina Simone. Una vita - pubblicato nel 2008 da Kowalski e ora riedito da Feltrinelli. Da leggere tutto d’un fiato, con l’inestimabile colonna sonora dei suoi dischi: noi vi consigliamo “Nina Simone and piano”, inciso a New York tra il settembre e l’ottobre 1968, quello per il quale, come dichiarò in un’intervista del 1999, avrebbe voluto essere ricordata.

Un Amore Supremo

In occasione dell'uscita in edicola di A Love Supreme, primo titolo della collezione I Capolavori del Jazz in Vinile, sono andato a ria...