lunedì 1 febbraio 2016

Storia di un equivoco: Francesco De Gregori - La leva calcistica della classe '68


Quando nel giugno del 1982 viene pubblicato Titanic, l’ellepi[1] che contiene la canzone di cui andremo finalmente a svelare il vero significato, in Italia Spadolini è a capo di un governo di pentapartito che aprirà la strada a Bettino Craxi, mentre negli Stati Uniti un attore è diventato Presidente: insomma, sta per trionfare l’edonismo reaganiano, lo yuppismo, o molto più all’italiana la Milano da bere. Il paese è già concentrato sugli imminenti mondiali di Spagna e forse per accattivarsi i tifosi, il brano viene scelto come 45 giri per i juke-box[2] (nel lato B un’altra canzone dall’album, Centocinquanta stelle), anche se nelle radio libere[3] si trasmette soprattutto il pezzo che dà titolo all’album. Qualche anno dopo Gabriele Salvatores inserisce la canzone nella colonna sonora di Marrakech Express, nella celebre sequenza della partitella di calcio nel deserto, un’Italia-Marocco a metà tra Pasolini[4] e il terzomondismo. Forse è stato proprio allora che La leva calcistica della classe '68 ha iniziato il suo percorso verso l’immortalità, grazie anche ai solerti giornalisti sportivi RAI che non hanno mancato di infilarla in ogni servizietto di approfondimento sul calcio giovanile, meglio se di periferia. Eppure a leggere bene il testo è evidente che ci troviamo di fronte a un chiaro caso di allucinazione collettiva. Abilmente sedotti da un dodicenne “che sembra un uomo con le scarpette di gomma dura” e che non dovrebbe “aver paura di sbagliare un calcio di rigore”, perché “non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”, critica e pubblico hanno sempre avvalorato un’interpretazione politically correct: che sarà mai sbagliare un penalty, “un giocatore lo vedi dal coraggio dall'altruismo e dalla fantasia”, nello sport come nella vita i valori sono altri. Ma le parole successive, su cui nessuno evidentemente si è mai soffermato, contraddicono impietosamente l’assunto: Nino prende “un pallone che sembrava stregato” e si guarda bene dal passarlo a chicchessia, tanto che “entrò nell'area tirò senza guardare ed il portiere lo fece passare”. E allora tutti a esaltarsi per Nino (ma se non avesse segnato, pensate che gli avrebbero dato la maglia numero sette l’anno dopo?) e nemmeno una parola per il povero portiere di cui non conosciamo neanche il nome (e quanta ambiguità in quel “lo fece passare”, si può già ipotizzare una combine a livello giovanile?). Come se non bastasse ecco l’affondo sui giocatori tristi, quelli “che non hanno vinto mai”: “adesso ridono dentro al bar, e sono innamorati da dieci anni, con una donna che non hanno amato mai”. Insomma autentici falliti che hanno continuato a inanellare sconfitte, dal campo di calcio alla cucina di casa (figuriamoci sul lavoro, ammesso che ne abbiano uno, visto che passano le loro giornate al bar). E allora anche il ’68 del titolo, anagraficamente sbagliato (Nino nel 1982 ha dodici anni, dovrebbe essere nato nel 1970), si rivela un cinico sberleffo per una generazione che proprio in quel momento storico vede profilarsi la sconfitta dei suoi ideali. E pur se la canzone resta uno dei più fulgidi esempi dell’arte cristallina di Francesco de Gregori sia chiaro una volta per tutte: Nino è un veroo stronzo, come tanti altri che abbiamo incontrato sui campetti di calcio. E purtroppo anche fuori.

[1] Supporto in vinile per la memorizzazione analogica di segnali sonori. Molto in voga per tutto il secolo scorso; ultimamente si parla di un suo ritorno, ma per molti non è mai andato via.
[2] Apparecchio da installazione pubblica che riproduce brani musicali in modo automatico in seguito all'introduzione di una moneta al suo interno e alla scelta della canzone da parte dell'ascoltatore. Molto in voga tra gli anni ’50 e ’70.
[3] Espressione riferita alle emittenti radiofoniche nate in Italia dopo la liberalizzazione dell'etere sancita dalla Corte Costituzionale nel 1976. Molto in voga tra gli anni ’70 e ’80.
[4] Poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista italiano. Molto in voga negli anni ’70 e nel 2015, quarantennale della sua morte.

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