venerdì 31 ottobre 2014

Una serata per Cesare Marchini

A un anno di distanza dalla sua scomparsa lunedì 3 novembre alle ore 21 al teatro Gustavo Modena l’Orchestra Filarmonica di Sampierdarena rende omaggio al musicista che ne è stato l’anima per venticinque anni, il maestro Cesare Marchini. Oltre ai ‘ragazzi’ della sua orchestra diretta da Enrico Ferrando sono annunciati molti ospiti tra cui Gianluigi Trovesi, Gianni Coscia, Antonio Marangolo, Giampaolo Casati, Stefano Riggi, Luca Begonia, Gianluca Tagliazucchi, Piero Leveratto. Con tutti aveva suonato, a molti aveva insegnato, prima nella scuola del Louisiana Jazz club di Genova, poi nelle Filarmoniche di Sestri e Sampierdarena, dove ha letteralmente plasmato centinaia di musicisti. Una bella occasione per ricordarlo e per ascoltare del buon jazz.
Fin qui la notizia alla quale aggiungiamo un personale ricordo: ho avuto la fortuna, negli anni in cui ho lavorato al Teatro dell’Archivolto di Genova, di scoprirlo nei concerti in cui guidava la ‘sua’ Filarmonica di Sampierdarena, di farmi raccontare da chi lo conosceva quale vita avventurosa (e drammatica) fosse stata la sua (la trovate nel bel video-documentario “1... 2... 3... 4... Video Ritratti di Cesare Marchini”, realizzato da Paolo Borio e Ugo Nuzzo, in occasione dell'ottantesimo compleanno del Maestro), di vederlo dirigere (e non erano tutte rose e fiori), di complimentarmi (complimenti immancabilmente restituiti al mittente) per il suono e la musicalità del suo sax alto. Sapevo che aveva studiato con Lee Konitz (li avrei sentiti insieme nel marzo del 2004 quando incrociarono i sassofoni durante un concerto con la Bansigu Jazz Band), nientemeno che da Lennie Tristano negli anni ’50 a New York. Avrei scoperto come c’era arrivato, lui fiumano, deportato a Dachau dai nazisti, emigrato negli Stati Uniti dove, arruolato per la guerra di Corea, era finito a suonare il sax nella banda dei marines. Poi gli anni in Scandinavia, dodici, a dirigere un’orchestra da ballo. Infine il ritorno in Italia, a Genova, dove esercitava l’altra sua grande passione, la pittura, metafisica come spesso poteva apparire la sua musica; e a volte anche lui stesso, quasi isolato nella sua incontrovertibile purezza, che non diventava mai spocchia o presunzione. Anzi, tutt’altro. E musicalmente parlando mi sento di dire che era davvero l’unica cosa che gli mancasse.




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