lunedì 3 dicembre 2012

La musica del caso


Al contrario di Lacan, che asseriva che niente succede per caso, a me sembra probabile che tutto avvenga proprio per caso e siamo noi che, ex post e pazientemente, ci incarichiamo di trovare legami, vincoli, nessi, significati, ad avvenimenti che altrimenti se ne starebbero tranquilli per fatti loro. A questo pensavo mentre in una giornata grigia e piovosa tornavo in macchina da Genova verso Milano; il lettore Mp3 offriva un'ampia varietà di scelta e dopo attenta valutazione, avevo optato per “Bastards”, l'album di remix di Bjork che raccoglie le canzoni di “Biophilia” - uscito nel 2011 – rivedute e corrette da alcuni tra i più interessanti manipolatori sonori della scena attuale. Operazione riuscita perché, per parlar chiaro, tanto “Biophilia” sembrava un disco stanco e inerte, quanto “Bastards” appare vitale e policromo: grazie soprattutto al siriano Omar Souleyman che rilegge “Crystalline” e “Thunderbolt”, a Matthew Herbert, a Hudson Mohawke. Il caso - ma in realtà a conferma di quanto appena detto, l'ordine alfabetico - ha voluto che nell'elenco musicale del lettore subito dopo Bjork ci fosse il nuovo disco di Bryan Ferry. E così dall’elettronica contemporanea, se non futuribile, mi sono ritrovato negli anni '20, nella ruggente età del jazz tanto cara a Scott Fitzgerald: sì perché l'ex Roxy Music ha pensato di rivisitare alcuni tra i suoi successi più famosi (“Avalon”, “Slave to love”, “The Bogus Man”), rischiando l'accusa di plagio nei confronti di Louis Armstrong, dei Wolverines di Bix Beiderbecke o addirittura dell’Original Dixieland Jazz Band. Per la cronaca l'esperimento, contro ogni aspettativa, può dichiarasi riuscito; ma al di là di questo il sincronico apparire di due dischi così diversi nel risultato finale, ma così simili nel progetto ideativo (il riarrangiamento o se preferite il remix di brani pre-esistenti), mi sembra la miglior testimonianza di una caos (occhio all'anagramma) creativo, magmatico e fecondo, tipico del post-contemporaneo globale in cui nostro malgrado ci ritroviamo a vivere. All'opposto di quella musica classica che invece prevede per statuto l'incessante e ripetuta riproposizione della stessa partitura. Solo un caso?

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