domenica 4 novembre 2012

JOE JACKSON - The Duke Tour

l teatro è pieno, l'età media è alta (ma cosa pretendere da uno che ha pubblicato il suo primo album nel 1979?) e Jackson arriva puntuale, come conviene a un signore della sua età, che non deve fare troppo tardi. Entra, si siede alla tastiera e da solo accenna "It Don't Mean a Thing (If it Ain't Got That Swing)", brano con cui chiuderà il concerto (bis a parte), ma stavolta insieme al gruppo. Il disco da cui prende spunto il tour è infatti il recente e incerto "The Duke", omaggio poco riuscito ad un grande amore musicale del nostro.jackson liveMa l'amore a volte non basta e nemmeno il passaggio dal solco al palco aiuta, se gli arrangiamenti sono quelli pomposi di una formazione ridondante (tra cui spicca il violino di Regina Carter), una ritmica che pesta come i Level 42 di un tempo e un chitarrista che sembra una copia sbiadita di Peter Frampton. Insomma niente di più lontano dallo spirito di Ellington, che ne esce spesso con le ossa rotte (in particolare nel medley "Perdido/Satin doll" dove la tastierista canta come un'animatrice da crociera) o nel migliore dei casi – l'altro medley "I'm Beginning to See the Light/Take the A Train/Cotton Tail"- senza suscitare troppe emozioni. Le cose migliori arrivano con i brani originali – l'iniziale "It's different For Girls", "Home Town" in versione acustica, l'immancabile "Steppin' Out" – e nei due bis: una "Is She Really Going Out With Him?" con basso tuba e fisarmonica, quasi waitsiana nelle atmosfere e una "Salt & Pepper" in cui riaffiora lo spirito punk degli esordi. Poco per essere entusiasti, abbastanza per aver qualcosa da ricordare.

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