lunedì 22 novembre 2010

Cover e ricover


È pur vero che un paese che non conosce la sua storia, non sa costruire il suo futuro, ma ora in Italia stiamo davvero esagerando. Parliamo di musica ovviamente, perché la Storia patria siamo imbattibili nel dimenticarla, disconoscerla o ignorarla (anche per colpe non nostre, se ancora oggi il numero dei misteri di stato irrisolti o irrisolvibili è incommensurabile). In campo musicale invece non sembra esserci fine alla pubblicazione di antologie, greatest hits, raccolte di successi, best of o succedanei in forma di dischi dal vivo (peraltro ampiamente rimaneggiati in studio), spesso aumentati di un inedito, in genere uno scarto di qualche sessione precedente. Come se non bastasse, l’ultimo grido per l’asfittica vena creativa dei nostri ‘artisti’, è la cover di un brano di successo, meglio se degli anni ‘60/70, buono anche per dare un titolo ad un film, anche se si ascolta solo nei titoli di coda (qualche esempio: “Arrivederci amore ciao”, “La Prima Cosa Bella”, “Notte Prima degli Esami”). Ci troviamo di fronte ad una vera e propria realizzazione della teoria vichiana, di una storia caratterizzata da un andamento progressivo, ma non nel senso che tutto quello che viene dopo è migliore di quello che viene prima, ma solo nel senso che la storia procede, ma senza sapere bene dove andare (e quindi nel nostro caso si rivolge al passato, deturpandolo). Così al ‘corso’ (che so, “Il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano), un’umanità incapace di crescere e di rinnovarsi (i nostri musicisti e discografici) fa seguire un ricorso, inteso come regresso (Giusy Ferreri che svuota di ogni significato la stessa canzone, riducendola a jingle, a sottofondo anestetico da canticchiare alla prima occasione). Gli esempi sono innumerevoli, anche se a volte la storia non passa invano: alla versione superficialmente spensierata di “Azzurro” del molleggiato Celentano, Paolo Conte risponderà anni dopo, restituendo alla propria canzone il suo significato più autentico. E se ascoltate “How deep is your love” di Cristina Donà, vi riconcilierete anche con i Bee Gees! (Invece per la Storia con la esse maiuscola, come insegna la recente sentenza sulla strage di Piazza della Loggia, il tempo passa proprio invano…)

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