lunedì 14 marzo 2011

Anema e core


Il mio amico Salvatore telefona tre - quattro volte l'anno: rispondo e lui, dall'altra parte, comincia a suonare il sax tenore, un Selmer Mark IV che tiene in negozio per esercitarsi; oppure mette un brano sul vecchio giradischi con cui ama riascoltare i suoi maestri. Poi scoppia a ridere e dice: "Danilo, come s'intitola questo pezzo? Ciao, sono Salvatore, come stai?". Dopo le abituali chiacchiere di riscaldamento arriva il momento del suo argomento preferito o, per meglio dire, del suo sospirato miraggio: invitare Sonny Rollins a Genova per insignirlo di una laurea ad honorem dall'Università o di un riconoscimento dal Comune o una qualunque cosa ufficiale che lo convinca ad attraversare l'Atlantico. Così mi racconta del suo ultimo incontro con il Magnifico Rettore che gli ha assicurato, pur non conoscendo il personaggio in questione, che farà tutto il possibile; con l'assistente del Sindaco, che gli ha garantito, pur non conoscendo il personaggio in questione, che vedrà di convincere il nostro primo cittadino; con un'importante esponente di Assindustria che si è detto certo, pur non conoscendo il personaggio in questione, che il presidente si adopererà sicuramente per trovare un degno sponsor per l'evento. E tutti - sembra di sentirli in coro - aggiungono che "proprio quest'anno"... "non ci sono nemmeno i soldi per gli asili"... "la crisi picchia duro"... e tutto un campionario di frasi di circostanza su cui si infrange la sua indomabile perseveranza. Questo succede ormai da più di dieci anni. Lui, nel frattempo, ha tallonato Rollins, in tutti i suoi concerti, in Italia e in Francia, presentandosi con la raccomandazione di un amico comune, Emilio Lyons da Boston, "the doctor", il più importante aggiustatore di sassofoni del mondo, con cui Salvatore ha intessuto negli anni un rapporto affettuoso, quasi filiale. Ormai anche il manager lo conosce, ci ha parlato spesso e lo ha quasi convinto; anche Rollins sembra possibilista; mancano solo i soldi, nemmeno tanti in fondo, un paio di biglietti aerei e un po' di buona volontà. Ma niente e il suo sogno resta ben lontano dal realizzarsi. Martedì scorso mi ha telefonato; le note di "Anema e core" hanno preceduto la sua voce, sempre allegra, che chiedeva come stavo; ci siamo salutati con la promessa di rivederci, prima o poi. Su Rollins nemmeno una parola. Pochi giorni dopo ricevo la newsletter mensile di Down Beat, la più importante rivista di jazz statunitense. Il titolo d'apertura è: "Sonny Rollins Awarded National Medal Of Arts". Nella foto un ottantenne 'Saxophone Colossus' sorride, capelli e barba grigi, elegantissimo, indossa una splendida giacca rossa, mentre il presidente Barack Obama gli consegna la medaglia. Ripenso a Salvatore, alle decine di volte in cui ha provato a spiegare chi sia Sonny Rollins e perché per Genova sarebbe stata un'occasione importante tributare un riconoscimento a un musicista che ha fatto la storia del jazz e della cultura del Novecento. So che sarà contento per Sonny, che brinderà ascoltando un suo disco (io sarei indeciso tra "Freedom suite" o il "Volume 1" della Blue Note), la prossima estate andrà a salutarlo in uno dei pochi concerti che terrà in Europa e si complimenterà per la medaglia; ma, quasi sicuramente, non avrà il coraggio di parlare ancora del suo progetto. Così, giorno dopo giorno, spegnendo entusiasmi, desideri, sogni e anche rendendo impossibile il lavoro a realtà concrete, fattive, positive, che rendono migliore la nostra vita, così, giorno dopo giorno, muore la cultura in Italia. (Scritto nella settimana in cui sono 'scomparsi' altri ventisette milioni dal già esangue Fondo Unico per lo Spettacolo, è stata finalmente varata l'ineludibile Grande riforma sulla Giustizia, il CdA Rai ha approvato l'arrivo di due nuove "stelle", entrambi dipendenti berlusconiani: Giuliano Ferrara, con la sua trasmissione "Qui Radio Londra", un milione e mezzo all'anno per due anni con l'opzione per il terzo; e Vittorio Sgarbi che da aprile avrà condurrà "Il bene e il male", compenso sconosciuto).

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