lunedì 7 marzo 2011

The perfect beat



Qualche giorno fa mi aggiravo tra le bancarelle di libri, come succede quando si ha tempo da perdere, in attesa che si faccia un'ora dignitosa per presentarsi a un colloquio di lavoro o, se si è ancora giovani, al primo appuntamento con una ragazza conosciuta su Facebook. Insomma era uno di quei momenti in cui se la vita fosse un romanzo, ecco quello sarebbe il momento cruciale, l’istante spettacolare in cui tutto finalmente sta per cambiare. Invece, trattandosi di vita vissuta, ogni cosa procede noiosamente come sempre e, in genere, anche l’ammucchiata di libri non provoca nessun sussulto. Questa volta, mi capita tra le mani "Slumberland" di Paul Beatty, pubblicato da Fazi nel 2010. Mi attira la foto di un ragazzo nero in copertina e il dialogo riportato sotto il titolo: "Allora? Cos'è un musicista jazz senza una donna bianca? Un senzatetto". Non proprio una battuta memorabile, ma la parola jazz è sufficiente per farmi aprire la prima pagina. Qui ci trovo Josephine Baker, la Montblanc, Langston Hughes e tanto basta, insieme ai cinque euro del prezzo, a convincermi all'acquisto. A casa il libro finisce dimenticato nella pila di quelli da leggere per qualche mese, fino all'altro giorno, quando salta fuori reclamando attenzione. Inizio a sfogliarlo, senza molta convinzione: un disc-jockey nero, dotato di una memoria fonografica perfetta, arriva a Berlino, nel 1989, alla ricerca di Charles Stone, detto lo Schwa, uno dei tanti geni sconosciuti e/o dimenticati del jazz. DJ Darky, l'io narrante, lo cerca perché lui è l'unico in grado di suonare il ‘beat’ perfetto, un ritmo assoluto di 2 minuti e 47 secondi composti accumulando tutti i suoni incontrati nella sua vita (che il brano abbia una sua efficacia lo dimostra il fatto che anche Blixa Bargeld, che abita al piano sotto del nostro protagonista, dimostri rispetto all’ascolto). In attesa dell'incontro, per guadagnarsi da vivere, lavora allo Slumberland, un bar che è "uno zoo degli accoppiamenti interrazziali". Forse lavoro è una parola grossa, perché chi non vorrebbe fare il ‘jukebox - sommelier’, cioè riempire un vecchio Wurlitzer di 45 giri scelti con maniacale attenzione, in modo che qualunque sia la casuale successione di ascolti non possa che risultarne una colonna sonora impeccabile? Ovviamente, in qualche serata speciale Darky sale in consolle, mettendo insieme Shuggie Otis e Bar-Kays, Slave e Gil Scott-Heron, “Sugar man” di Sixto Rodriguez con “Lizard” dei King Crimson (!). E chissà che a Kanye West l’idea di campionare “21st century schizoid man” in “My Beautiful Dark Twisted Fantasy”, non sia proprio venuta in mente leggendo queste righe. Nell’attesa di conoscere la risposta, provate a risolvere la legge GeorgeClintoniana del Funk Universale: F = (R m1 m2)/ r2. Buona lettura.

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