lunedì 7 maggio 2012

Polvere di stelle


Da questa settimana è iniziato il gigantesco progetto di catalogazione on–line della collezione di dischi del compianto John Peel (il disc jockey che dai microfoni della BBC contribuì in maniera determinante alla diffusione del punk e del rock alternativo), scomparso nel 2004. Si tratta di circa 25.000 dischi in vinile visibili (letteralmente) all'indirizzo John Peel Archive over at thespace.org dove è anche già possibile sfogliare i primi 100 titoli della lettera A (il primo è, inevitabilmente, l'omonimo degli A's, l'ultimo è Adam and the Ants; in mezzo ci sono gli A-Ha, gli Abba (!), ma anche il jazz di “Gateway” di John Abercrombie), ascoltarne alcuni (io ho trovato “Save the last Gherkin for me!” di Mike Absalom) e scoprire la cronologia dell'operazione. Affascinante, oserei dire ipnotico, forse per chiunque e non solo per chi, come me, prova un piacere quasi fisico allo sfogliamento del cartone da ellepi. Mentre compulsivamente saltabeccavo da una scheda all'altra, ho iniziato a pensare al rapporto tra musica e memoria, soprattutto in un momento in cui il “fatto musicale” (possiamo definire così la musica allo stato puro) sta per separarsi definitivamente dal “fatto discografico”. Non è la prima volta assistiamo a un cambio di formato – dai tempi della prima registrazione sono molti i supporti che hanno consentito la riproducibilità della musica in assenza di esecutori – ma non credo di sbagliare se affermo che quella a cui stiamo assistendo è una rivoluzione copernicana: niente più rulli di cartone, basta 78 giri dalla busta anonima, scomparse bobine, cassette ed elcaset, ma sopratutto basta ellepi (dei cd preferiamo non parlare, sia visivamente che acusticamente, pallide riproduzioni numeriche e imperfette dell'inarrivabile originale analogico). In realtà i long playing continuano a uscire, in edizione limitata, ma sono già roba da museo, o meglio da collezione (proprio come quella da John Peel). E così la musica registrata che per definizione è memoria allo stato puro - nel momento in cui diventa tale si cristallizza in un episodio che non esiste se non nella riproduzione, consegnandosi definitivamente alla storia e quindi al passato e al ricordo - perde tutto l'apparato iconografico e materico che ne permetteva il mantenimento in vita anche senza l'ascolto (accrescendolo anche di significati ovviamente). Ora la musica non esiste più se non nel momento in cui qualcuno la sente (un ritorno alla purezza delle origini potrebbe dire qualcuno) e bisogna solo prenderne atto. Oppure rifugiarsi in una discoteca ben fornita a vagheggiare sul passato.



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