mercoledì 18 novembre 2009

Darwin, Parker e le canzoni d'amore

“Senza la musica non saremmo quello che siamo”. Probabilmente anche senza l’acido muriatico e le zanzare, ma è questa brillante affermazione ad aprire la scheda di presentazione del libro di Daniel J. Levitin Il mondo in sei canzoni (Codice edizioni); che non abbiamo letto. Forse un giorno lo leggeremo e nel caso ne daremo conto. Per adesso ci accontentiamo di queste poche righe in cui finalmente è rivelato che “la musica e il ballo hanno rappresentato un potentissimo strumento evolutivo per la specie umana, il bisogno e la capacità – a un tempo primordiale e raffinatissima – di comunicare; e dell’articolo “Dai Beatles a Sting, il cervello in sei canzoni” di Angelo Aquaro apparso su “Repubblica” lo scorso 10 novembre, in cui l’ex rocker, ex produttore e ora famoso neuroscienziato (passi quest’ultima affermazione ma se qualcuno è in grado di chiarire le prime due…) spiega che la musica si può ridurre a sei categorie: amicizia, gioia, conforto, conoscenza, religione e amore. Tutto quello che resta fuori (protesta, noia, punk, politica, James Brown, divertimento, musica strumentale) si può riportare, con qualche capriola logica, alle sei principali. Probabilmente è vero che ”le canzoni di amicizia riducono l’oxicitina, quelle di conforto prolactina, quelle di conoscenze attivano la memoria”; ma se poi Levitin si lascia scappare di avere nel suo iPod “Miserere” di Zucchero insieme agli Articolo 31 e ad “Anima mia” dei Cugini di Campagna, qualche dubbio affiora. Così la tesi di fondo – la canzone è il vero collante culturale dell’evoluzione – messa assieme, cito letteralmente, “fondendo Charles Darwin e Charlie Parker”, scelti probabilmente per lo stesso nome, sorvolando sul fatto che il sassofonista di Kansas city non ha mai cantato una canzone – “e Durkheim e Kraftwerk” (altro gruppo dai testi memorabili), non risulta proprio dimostrata. Perlomeno nell’articolo. Ma ormai il libro è pubblicato, la pagina su Repubblica è arrivata e domani è un altro giorno, bisogna già pensare al prossimo titolo.

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