lunedì 3 gennaio 2011

Due o tre cose per il 2011


La vera questione è: ci rende uomini migliori sapere che Tommy Bolin diventa il chitarrista dei Deep Purple alla dipartita di Richie Blackmore nel 1975? E che proprio Bolin è l'autore di un fantasmagorico assolo in un disco di Billy Cobham? Quel Cobham che nel 1969 partecipa alle sessioni di un capolavoro di Miles Davis, giusto vent’anni dopo che questi aveva firmato alcune meraviglie del bop insieme a Charlie Parker? La risposta è certamente no, la conoscenza musicale non ci rende migliori (e anche provando a cambiare la materia in esame - dalla musica passate alla letteratura, alla pittura, all’architettura, al cinema, al web 2.0 - la situazione non cambia). D’altra parte pensate a quante persone spregevoli conoscete con un enorme bagaglio di nozioni musicali (o letterarie o artistiche o …) e non si potrà che condividere questa riflessione. Ampliando il concetto agli stessi artisti, il quadro globale non cambia: magari Cobham (che ho solo sfiorato ad un mediocre concerto al cinema Universale di Genova negli anni ’80 e di cui non conosco la vita privata: questo è solo un esempio), è un potente e talentuoso virtuoso della batteria, ma ha la brutta abitudine di picchiare le donne (e con quelle braccia…!). Oppure Tommy Bolin ha sempre omesso nella sua dichiarazione dei redditi i proventi derivati dalle sue sessioni con i Deep Purple. (Per evitare grane legali, mi limito a esempi, assolutamente arbitrari e privi di fondamento, fuori dall’Italia, ma è facile immaginare come traslare al Bel Paese quanto detto fino ad ora). La prima questione ci conduce ad una seconda domanda: ma perché lo Stato, quindi la comunità, vale a dire noi, dovrebbe finanziare la cultura nei suoi più disparati aspetti? Perché, direbbero in molti, pur non rendendoci migliori, rende la nostra vita migliore. Certo, non quella di tutti e non allo stesso modo. Probabilmente un concerto di Richie Blackmore sponsorizzato dal Comune di Genova lascerebbe buona parte della popolazione indifferente, contribuendo alla gioia di un ristretto numero di persone (tra cui l’organizzatore del concerto che ovviamente gestirebbe l’evento come un fatto privato, pensando al suo rendiconto). Allo stesso modo però “L’elisir d’amore” di Donizetti al Carlo Felice o una mostra come “Mediterraneo
da Courbet a Monet a Matisse” a Palazzo Ducale potrebbero passare senza lasciar traccia su centinaia di migliaia di persone (ma, forse, con il plauso di albergatori e ristoratori che avrebbero qualche turista in più). Allora la domanda diventa: chi decide cosa finanziare e perché? In attesa della risposta, riascoltatevi i Deep Purple di "Come taste the band" con Tommy Bolin alla chitarra in una fiammante deluxe edition; oppure “Spectrum” di Billy Cobham, seguito immediatamente da “Bitches brew” di Miles Davis, magari nella monumentale versione che vi sarete fatti regalare per Natale. Non sarete uomini migliori, ma la vostra vita vi sembrerà migliore… (continua)

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